Pubblicato in: Giurisprudenza Costituzionale

Diritto all’equa riparazione e omesso deposito della istanza di accelerazione del processo – Corte cost., n. 169 del 2019

A. M. Capitta

Corte cost


Con la sentenza n. 169 del 2019, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, co. 2-quinquies, lett. e), L. 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile), nel testo introdotto dall’art. 55, co. 1, lett. a), n. 2, D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, nella parte in cui stabiliva – nel testo vigente ratione temporis e applicabile nei giudizi a quibus – che «non è riconosciuto alcun indennizzo: […] e) quando l’imputato non ha depositato istanza di accelerazione del processo penale nei trenta giorni successivi al superamento dei termini [di sua ragionevole durata] di cui all’articolo 2-bis [recte: all’art. 2, co. 2-bis]» della “legge Pinto”.
Tale disposizione (quella sub lett. e, che appunto subordinava la proponibilità della correlativa domanda di equa riparazione alla presentazione dell’istanza di accelerazione) era stata poi implicitamente abrogata, perché non riprodotta nell’art. 2, co. 2-quinquies, come riformulato dall’art. 1, co. 777, lett. c), L. 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)».
La Consulta ha ritenuto fondata, per contrasto con l’art. 117, co. 1, Cost., in relazione agli artt. 6, par. 1, e 13 CEDU – restando assorbita ogni altra censura – la questione sollevata dalla Corte di cassazione, sezione seconda civile.
Come ha rilevato il Giudice delle leggi, nel contesto della disposizione censurata, l’istanza di accelerazione del processo penale (non diversamente dalla istanza di prelievo nel processo amministrativo: v. sent. cost. n. 34 del 2019) non costituisce un adempimento necessario, ma una mera facoltà dell’imputato e non ha efficacia effettivamente acceleratoria del processo. Pertanto – ha concluso la Corte – la mancata presentazione della suddetta istanza nel processo presupposto può eventualmente assumere rilievo (come indice di sopravvenuta carenza o non serietà dell’interesse al processo del richiedente) ai fini della determinazione del quantum dell’indennizzo ex lege n. 89 del 2001, ma non può condizionare la stessa proponibilità della correlativa domanda di equa riparazione, senza con ciò venire in contrasto con l’esigenza del giusto processo, per il profilo della sua ragionevole durata, e con il diritto ad un ricorso effettivo, garantiti dagli evocati parametri convenzionali, la cui violazione comporta, per interposizione, quella dell’art. 117, co. 1, Cost.