Divieto di tortura - Corte eur. dir. uomo, Sez. II, 24 giugno 2014, Alberti c. Italia

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Fonte immagine: www.progre.eu

Il ricorrente lamentava di essere stato picchiato dalla polizia giudiziaria  durante  le fasi dell’arresto. Agli atti si trovava il certificato medico che  attestava la rottura di tre costole ed un ematoma al testicolo.


 L’indagine aperta per accertare le responsabilità in ordine alle lesioni denunciate si era chiusa con una richiesta di archiviazione. Il GIP aveva accolto la richiesta - anche in seguito all’opposizione dell’Alberti - rilevando come  le dichiarazioni dell’offeso non fossero supportate da  adeguati elementi di sostegno e come la natura delle lesioni fosse compatibile con l’ordinario uso della forza,  necessario per  contrastare l’aggressività  manifestata dall’indagato durante le fasi dell’arresto.


La Corte rileva la violazione dell’art. 3  della Convenzione sia sotto il  profilo “sostanziale” che sotto  quello “procedurale”.


Sotto il profilo   sostanziale viene ribadito il carattere assoluto del divieto di tortura, si afferma infatti che “l’article 3 ne prévoit pas de restrictions, en quoi il contraste avec la majorité des clauses normatives de la Convention et des Protocoles nos 1 et 4, et d’après l’article 15 § 2 il ne souffre nulle dérogation, même en cas de danger public menaçant la vie de la nation»; anche se si ritiene  compatibile con il divieto un uso della forza proporzionato  all’esigenza di effettuare l’arresto


 Si rileva, effettuando una anlisi del fatto  come  la natura delle lesioni  non sia – contrariamente a quanto ritenuto dalle autorità giudiziarie nazionali – compatibile con l’uso della forza necessario per l’immobilizzazione. Si  rileva infatti come  le manovre di immobilizzazione  « non avrebbero potuto provocare la frattura di tre costole e l’emetoma al testicolo», che  evidentemente avevano una origine diversa dall’azione «vigorosa»  necessaria per procedere all’ammanettamen to. Nè tali lesioni apparivano riconducibili alle manovre autolesionistiche attribuite al ricorrente .


Si rileva  come  la persona in  vincoli sia «affidata» all’autorità pubblica («Un État est responsable de toute personne placée en garde à vue car cette dernière est entièrement aux mains des fonctionnaires de police» e come sia questa autorità a dovere fornire  una giustificazione plausibile delle lesioni  occorse durante lo stato di detenzione  («c’est à lui qu’il appartient de fournir une explication plausible sur l’origine des blessures, à défaut de quoi l’article 3 trouve à s’appliquer»).


In sintesi:  la Corte ha rilevato come emerga  incotestabilmente  che le severe lesioni siano state  patite dal ricorrente mentre era in vincoli e non ritiene «plausibile» la spiegazione offerta dalle autorità statali: il che  è sufficiente per ritenere violato l’art. 3 nella sua dimensione materiale.


Sotto  il profilo «procedurale» la Corte  censura la  insufficienza della  azione statale  nella gestione della indagine conseguente alla denuncia dell’Alberti.


Si rimarca con decisione l’obbligo di  condurre inchieste tempestive ed approfondite ogni volta che  sia in  gioco la violazione dell’art. 3 della Convenzione L’enquête qu’exigent des allégations graves de mauvais traitements doit être à la fois rapide et approfondie, ce qui signifie que les autorités doivent toujours s’efforcer sérieusement de découvrir ce qui s’est passé et qu’elles ne doivent pas s’appuyer sur des conclusions hâtives ou mal fondées pour clore l’enquête ou fonder leurs décisions»).


Censura  inoltre la superficiliatà con cui era stata condotta l’indagine (in particolare : il fatto che non fosse  stata adeguatamente ascoltata la vittima ed il fatto, che non  fossero  state approfondite le conseguenze della sedazione sulle  prime dichiarazioni dell’ Alberti). Condannato inoltre  il metodo che ha condotto  l’autorità giudiziaria a valutare come non credibili le dichiarazioni del ricorrente caratterizzato da un eccessiva e pregiudiziale  valorizzazione della consistenza dei precedenti  dell’offeso ed al giudizio sulla  sua personalità.


 S.R.