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L’art. 391-bis c.p. e la contiguità alla mafia

Francesco Siracusano

Archivio Penale pp. 169-193
DOI 10.12871/978886741544112 | © Pisa University Press 2016
Pubblicato: 20 April 2015


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Riassunto

La risposta del legislatore all’emergenza del fenomeno mafioso, costantemente proteso ad “agguantare” porzioni sempre più consistenti di contiguità allo stesso, non si è indirizzata negli anni verso la creazione di un generale delitto di “agevolazione” in grado di “contenere” tutti i contributi provenienti al sodalizio da soggetti ad esso estranei, ma ha prodotto la proliferazione di fattispecie, tutte destinate a punire le forme più svariate di “vicinanza” all’ente criminale o ad aggravarne la pena. In questa prospettiva, si inserisce il nuovo art. 391-bis c.p., che punisce l’«agevolazione ai detenuti e internati sottoposti a particolari restrizioni delle regole di trattamento e degli istituti previsti dall’ordinamento penitenziario», quale l’ultimo tassello, almeno in ordine cronologico, del percorso legislativo che ha condotto alla progressiva tipizzazione delle diverse “dimensioni” della collusione con le organizzazioni mafiose.


Sommario

1. Premessa. - 2. L’art. 41-bis ord. penit. e la “necessaria” introduzione dell’art. 391-bis c.p. - 3. Presupposto del reato e condizione del “recluso”. - 4. L’art. 391-bis c.p. come nuova ipotesi di “agevolazione”? - 5. I soggetti attivi. - 6. L’ipotesi aggravata prevista dal co. 2. - 7. La tipizzazione “progressiva” della contiguità alla mafia.

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