Obblighi di protezione - Corte eur. dir. uomo, Sez. II, 27 maggio 2014, Rumor c. Italia

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La ricorrente lamentava la violazione dell'art. 3 C.e.d.u. in quanto lo Stato italiano non la avrebbe protetta adeguatamente dal suo ex compagno. In particolare la donna si doleva di non essere stata avvisata della scarcerazione del compagno maltrattante e di avere patito effetti psicologici negativi dal fatto che l'ex partner fosse stato collocato in detenzione domiciliare a soli 15 km dalla sua abitazione. Pù in generale, si doleva della inadeguatezza della legislazione italiana che la avrebbe costretta a patire delle ingiuste sofferenze.


La Corte in via preliminare chiarisce che la tutela convenzionale riferibile all'art. 3 della Carta (divieto di tortura) si riferisce anche ai comportamenti posti in essere da privati (si chiarisce che "the Article 1 of the Convention, taken in conjunction with Article 3, imposes on the States positive obligations to ensure that individuals within their jurisdiction are protected against all forms of ill-treatment prohibited under Article 3, including where such treatment is administered by private individuals").


La classificazione di un comportamento come tortura dipende tuttavia dalla gravità dello stesso, che deve essere valutata sulla base della durata del maltrattamento, dagli effetti fisici e psicologici dello stesso, del sesso dell'età  e dello stato di salute della vittima.


Sulla base di questa premessa la Corte riteneva che le condotte poste in essere dall'ex compagno della ricorrente ricadessero, per la loro gravità  sotto l'ombrello di tutela dell'art. 3 C.e.d.u. anche tenuto conto dello stato di vulnerabilità  indotto nella vittima.


La Corte ha comunque ritenuto che la reazione dello Stato italiano era stata adeguata (applicazione di misura cautelare, condanna, intervento del Tribunale per i minorenni sulla potestà  genitoriale) e che gli obblighi positivi di protezione incombenti sull'autorità pubblica e finalizzati ad evitare la ripetizione d condotte maltrattanti risultavano rispettati.


Si rimarca come nell'analizzare la risposta dello Stato italiano al comportamento violento di cui era stata vittima la ricorrente la Corte ha evidenziato come "the Convention may not be interpreted as imposing a general obligation on States to inform the victim of ill-treatment about the criminal proceedings against the perpetrator, including about possible release on parole from prison or transfer to house arrest".


Si evidenzia cioè come l'obbligo di informazione delle vittime di violenza domestica dello stato di avanzamento del procedimenti non abbia una copertura convenzionale.


In materia di tutela della vittima nel processo penale il "Diritto dell'Unione" si presenta dunque più avanzato in quanto la direttiva 201229UE prevede espressamente la necessità che la vittima abbia la possibilità di essere informata senza indebito ritardo della scarcerazione (od evasione) della persona in custodia cautelare e che la stessa riceva altresì informazioni circa le misure attivate per la sua protezione (art. 6, § 5) .


Come è noto la legge 119 del 2013 in coerenza con le indicazioni della direttiva (il cui termine per l'attuazione non è decorso) ha modificato l'art. 299 c.p.p introducendo l'obbligo per la autorità  giudiziaria di avvisare la vittima in caso di attenuazione della misura cautelare imposta; e di attivare, in caso di richiesta di modifica del regime cautelare, un contraddittorio cartolare che coinvolge anche la persona offesa.


S.R.