Prove/Diritto al confronto - Corte eur. dir. uomo, 19 febbraio 2019, Garbuz c. Ucraina

GARBUZ c. Ucraina
ric. n. 72681/10 – 19 febbraio 2019

Una interessante novità in tema di diritto al confronto con il proprio accusatore, previsto dall’art. 6, §§ 1 e 3 lett. d) della Convenzione europea.
Il ricorso del Sig. Garbuz, un cittadino ucraino che lamentava l’indebita compressione del proprio diritto a contraddire in dibattimento l’accusatore, ha offerto alla Corte europea l’occasione di valutare l’esistenza di una violazione con riferimento specifico al caso in cui vi sono stati ben due esami dibattimentali di uno dei testimoni a carico dell’accusato (§ 36).
Pur giungendo al rigetto della domanda del ricorrente, avendo accertato che il giudice del merito ha assicurato l’equità complessiva della procedura mediante la predisposizione di contromisure in favore della difesa, la decisione potrebbe avere ampie ricadute nel nostro ordinamento processuale, soprattutto considerando che, nel diritto vivente nostrano, spesso si ritiene sufficiente l’esistenza di una mera possibilità di confronto, verificatasi in qualunque fase del procedimento, per integrare appieno la soglia di tutela prevista dall’art. 6, §§ 1 e 3 lett. d) C.e.d.u.: per contro il giudice strasburghese, pur muovendosi lungo il crinale inaugurato con i casi “Al-Khawaja e Tahery c. Regno Unito” e “Schatschaschwili c. Germania”, prescinde dal dato quantitativo e formale e pone in essere un’indagine sostanziale sul rispetto della Convenzione, con cui accertare se le chances di contraddizione offerte all’accusato nel processo sono state effettive e concrete, in tal modo lasciando trasparire un’accezione dinamica del diritto fondamentale in questione che non si ferma al dato statistico, con cui ci si limita a verificare l’esistenza di un’occasione di controesame, anche se del tutto apparente.
A fronte della nuova sentenza pubblicata, dunque, posizioni ermeneutiche troppo limitative del diritto al confronto richiedono pronta riforma, avendo la Corte europea via via ampliato il raggio di azione dell’operatività della garanzia in parola fino alla verifica, puntuale e di merito, dell’esistenza di opportunità concrete di falsificazione della prova orale a carico.