Pubblicato in: Giurisprudenza Costituzionale

Regime detentivo speciale/Divieto di comunicazione tra soggetti - Mag. Sorv. Sassari, (ord.) 2 ottobre2015, A.A.

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La Circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria n. 14761/2015, che vieta la corrispondenza tra detenuti sottoposti al regime penitenziario speciale di cui all’art. 41-bis, l. 26 luglio 1975, n. 354, non si pone in contrasto con i principi costituzionali in tema di libertà della corrispondenza né con il disposto della disciplina del regime penitenziario speciale, costituendo espressione di quel principio di tutela rafforzata delle esigenze preventive che il legislatore ha inteso adottare con riferimento alla posizione di soggetti detenuti particolarmente pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica.


L’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza di Sassari qui in rassegna pone un interessante arresto in tema di esercizio dei diritti fondamentali da parte dei detenuti ristretti nel regime speciale di cui all’art. 41-bis l. 26 luglio 1975, n. 354 (c.d. ordinamento penitenziario). Si tratta, precisamente, dell’affermazione della legittimità della Circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria n. 14761/2015 del 27 aprile 2015 e, in particolare, delle statuizioni che inibiscono la corrispondenza fra detenuti sottoposti al citato regime penitenziario speciale con l’obiettivo di rendere effettivo il controllo sui contatti sociali dei condannati, per «evitare che il carcere divenga il luogo in cui continuano a prendersi le decisioni criminali da eseguirsi poi all’esterno». Con difforme decisione, il Tribunale di Sorveglianza di Sassari aveva ritenuto che tali disposizioni fossero, al contrario, illegittime, ponendosi in contrasto con la disciplina normativa (l’art. 41-bis, co. 2 quater, lett. f), ord. penit., che riguarderebbe soltanto le comunicazioni fisiche tra ristretti, non anche le comunicazioni epistolari (il cui controllo ricade, invece, nella previsione generale dell’art. 18-ter, della medesima legge penitenziaria) ed esigerebbe una stretta interpretazione, riferendosi a diritti costituzionalmente garantiti quali la segretezza e la libertà di corrispondenza.


Il Magistrato di sorveglianza, discostandosi da tale lettura, propone un’interpretazione dell’art. 41-bis, ord. penit. in base alla quale il co. 2 dovrebbe leggersi nella sua interezza, in conformità alla ratio della disciplina restrittiva dell’ordinario regime penitenziario introdotta dalla norma speciale. In tale prospettiva, il riferimento portato dalla lett. a) della evocata disposizione all’esigenza di prevenire “contatti” con l’organizzazione mafiosa all’esterno, così come la “interazione con altri detenuti o internati appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre a essa alleate” lascerebbe intendere la volontà del legislatore di assegnare una portata «volutamente molto ampia e in sostanza omnicomprensiva, tendendo all’evidenza a evitare, in un’ottica prettamente preventiva, qualsiasi possibilità di contatto fra soggetti appartenenti ad associazioni criminali di stampo mafioso o con finalità terroristiche o eversive», tale da non limitarsi ai soli contatti “fisici”. L’esigenza preventiva sottesa alla disciplina restrittiva contenuta nel co. 2, art. 41-bis, ord penit., non potrebbe, del resto, ritenersi soddisfatta dalla possibilità di esercitare il controllo sulla corrispondenza ai sensi dell’art. 18-ter, della stessa legge, trattandosi di disposizione di natura generale laddove la disciplina speciale contenuta nell’art. 41-bis integra una linea di difesa ancor più avanzata, a salvaguardia dei rilevantissimi motivi di ordine e sicurezza connessi a talune categorie di condannati, la cui pericolosità non deriva soltanto dalle loro caratteristiche soggettive, bensì dall’appartenenza organica al sodalizio mafioso. Una tutela anticipata, dunque, complementare ma non alternativa a quella approntata dai controlli attivabili ai sensi dell’art. 18-ter (che resta comunque applicabile alla corrispondenza dei “41-bis” con gli stretti congiunti). Consentire - così conclude il Magistrato di sorveglianza sassarese - lo scambio di corrispondenza fra detenuti in regime di “41-bis” significherebbe di fatto eludere i citati divieti di contatto e di interazione tra tali soggetti, vanificando la tutela delle esigenze preventive particolarmente rilevanti in tali fattispecie. L’indirizzo espresso dall’ordinanza sassarese si pone in contrasto con altro orientamento, espresso dalla giurisprudenza di merito, a cui mente la Circolare dipartimentale che vieta la corrispondenza tra detenuti in regime differenziato determinerebbe un’illegittima sottrazione al controllo giurisdizionale di simile previsione limitatrice, che potrebbe essere assunto unicamente da parte dell’autorità giudiziaria competente (magistrato di sorveglianza o giudice procedente a seconda della posizione giuridica dell’interessato), nei limiti e con le garanzie offerte dalla disposizione dell’art. 18-ter ord. penit. Secondo tale orientamento, invero, le formule generali adoperate nell’art. 41-bis, ord. penit. dovrebbero essere necessariamente lette in combinato con le disposizioni dell’art. 18-ter cit., dovendosi altrimenti ritenere il contrasto della lett. f) dell’art. 41-bis con la normativa di rango costituzionale (art. 15 Cost.), dal momento che confliggerebbe con l’evocato principio costituzionale ogni limitazione o controllo della corrispondenza che non sia attribuita alla valutazione dell’autorità giudiziaria (Mag. Sorv. Spoleto, ord. 25 agosto 2015).


(F.F.)