Pubblicato in: Giurisprudenza Costituzionale

Trattamento sanitario - Trib. Torino, Sez. G.i.p., (ord.) 15 gennaio 2013, Cerato e Borsetti, con nota di J. De Lillo

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Nei casi di espresso, chiaro, libero e valido dissenso ad un trattamento sanitario, deve escludersi il richiamo allo stato di necessità, poichè esso prescinde dal profilo del consenso di chi del soccorso di necessità dovrebbe giovarsi.


Non integra un fatto di lesioni personali colpose quello riconducibile all’esecuzione tardiva di un trattamento sanitario necessario alla salute del paziente, se il ritardo è da imputarsi prevalentemente alla decisione dello stesso di non sottoporsi al trattamento.


Nel caso di trattamento sanitario eseguito nonostante il rifiuto del paziente, non può ricondursi nel perimetro applicativo dell'art. 610 c.p. la condotta del chirurgo che approfitti della condizione di "anestetizzato" del paziente, dovendosi escludere che l'approfittamento possa configurare, naturalisticamente e giuridicamente, un atto violento. Mentre può configurarsi il delitto di cui all'art. 613 c.p. quando il consenso del paziente all'anestesia sia stato carpito con l'inganno, ma il ricorso a tale mezzo da parte del medico deve essere provato.


Nell'ipotesi di trattamento sanitario arbitrario praticato dal medico in seguito ad indicazioni erronee provenienti dalla Procura della Repubblica, la responsabilità per i delitti di violenza privata e di stato di incapacità procurato mediante violenza eventualmente commessi deve essere esclusa per assenza di colpevolezza, poiché il medico ha agito nell'erronea convinzione della liceità della condotta tenuta. Si tratta dunque di errore inevitabile sulla legge penale.