articolo pubblicato | open access
Sottoposto a Peer review

Creazione giudiziale della norma penale e suo controllo politico

Riflessioni su Cesare Beccaria e l’interpretazione della legge penale 250 anni dopo

Mario Trapani

Archivio Penale 89 pp.
© del'autore 2017
Ricevuto: 04 February 2017 | Accettato: 14 February 2017 | Pubblicato: 22 February 2017


L’intero articolo è disponibile


Riassunto

                                                                                                                               Abstract


Di fronte alla “illusione” illuministica del giudice mera “bocca della legge” e al conseguente divieto della sua interpretazione patrocinato da Beccaria e dagli altri Illuministi, una volta constatato viceversa che la interpretazione costituisce un momento logicamente ineliminabile, e esclusivo, per la individuazione del “significato” di qualunque testo scritto, ne deriva che, non esistendo il diritto penale c.d. “sostanziale” fuori della sua applicazione nel processo, la unica “norma penale” effettivamente esistente è, in realtà, solo il “risultato” dell’attività interpretativa del giudice, in quanto dotata del requisito della “coercibilità”. Ciò comporta allora, da un lato, la normale coesistenza di norme “antinomiche” come momento “fisiologico” del sistema penale, dall’altro, la “retroattività” come “aspetto logico” di qualunque norma penale incriminatrice. Di fronte a tale situazione, anche se è certo che ciascun sistema normativo prevede meccanismi per garantire, da un lato, la coerenza interna dell’ordinamento, dall’altro, i destinatari della norma dall’inevitabile “rischio” derivante dalla sua retroattività, è necessario tuttavia riconoscere come, in realtà, non esistono limiti effettivi che possano vincolare l’attività “creativa” delle norme penali da parte del giudice. Dunque, se le sue scelte normative, in quanto di fatto “non controllabili”, sono inevitabilmente scelte “politiche”, ciò comporta la necessità di una “legittimazione democratica” delle norme giudiziali. Il che può avvenire, recuperando il significato politico profondo del principio di legalità secondo Beccaria, solo se la “ultima parola” in tema di “legittimità” di una certa interpretazione della legge penale, ossia della norma creata dal giudice, ritorna, in via diretta o indiretta, dentro un sistema che voglia essere realmente democratico, all’unico organo che esprime pienamente la sovranità popolare, ossia al Parlamento. Concludendo, la soluzione che si propone è la creazione di un Tribunale Supremo di Cassazione, organo giurisdizionale di ultima istanza ma “estraneo” all’ordine giudiziario e in via diretta dipendente politicamente dal Parlamento, quale garante di una interpretazione delle leggi penali che potremmo definire “autentica” in quanto conforme alla “volontà politica” dell’organo espressione della sovranità popolare.


In front of the Enlightenment “illusion” of the judge as mere “mouth of the law” and the subsequent prohibition of its interpretation claimed by Beccaria and other Enlightenment thinkers, once noted that, on the contrary, interpretation represents a logically ineliminable, and exclusive, moment for identifying the “meaning” of any written text, it follows that, since the so-colled “substantial” criminal law does not exist beyond its enforcement into the trial, the only actually existing “criminal rule” is the “result” of judge’s interpretation, because it is endowed with “coercibility” attribute. This means, on one hand, the normal co-existence of “antinomical” rules as “physiological” moment of the criminal system, on the other hand, the “retroactivity” as “logical aspect” of any incriminatory criminal rule. In front of such a situation, even though it is certain that each legal system provides mechanisms to ensure, on one side, its inner consistency, on the other side, individuals against the inevitable “risk” due to the retroactivity of the rule, however it is necessary to admit that there are not effective limitations able to bind the “creative” activity of criminal rules by the judge. Therefore, if judge’s normative choices, being “not controllable” indeed, inevitably are “political” choices, this implies the necessity of a “democratic legitimacy” of judicial rules. This may take place, regaining the deep political meaning of the principle of legality according to Beccaria, only if the “last word” about “legitimacy” of a certain interpretation of criminal law, i.e. of the judge-made rule, returns, directly or indirectly, within an actually democratic system, to the only authority which fully expresses popular sovereignty, i.e. the Parliament. By way of conclusion, the suggested solution is the creation of a “Tribunale Supremo di Cassazione”, last instance jurisdictional authority but “extraneous” to the judicial order and directly politically dependent on the Parliament, as guarantor of an interpretation of criminal laws which could be defined as “authentic” since in accordance with the “political will” of the authority expressing popular sovereignty.


Sommario

1. Introduzione . – 2. La posizione di Beccaria nei confronti dell’interpretazione delle leggi. – 3. Il mito della “chiarezza” della legge e il problema della sua “oscurità” come causa della interpretazione. – 4. L’interpretazione giudiziale come momento logicamente ineliminabile dell’applicazione della legge. La effettiva natura giuridica dell’interpretazione come “creazione” del diritto. Verso una teoria “realistica” delle fonti del diritto penale. – 5. La norma di “liceità penale” implicita e la rimessione al giudice della stessa individuazione dell’intero sistema dei reati e delle pene e quindi del confine tra il “lecito” e l’“illecito” penale. – 6. La natura “creativa” dell’interpretazione giudiziale. La distinzione concettuale tra “disposizione” e “norma”. Il giudice quale unico creatore della norma penale. – 7. Il problema dell’esistenza di una sola interpretazione corretta. La pluralità dei significati normativi ricavabili da uno stesso enunciato linguistico legislativo. – 8. Conferma della tesi di una pluralità di “norme” come possibile risultato interpretativo di uno stesso testo di legge. L’accoglimento del metodo “teleologico” e la mancanza di limiti effettivi alla interpretazione. Funzione “costitutiva” e non “dichiarativa” della interpretazione. – 9. Il testo di legge come documento scritto contenente mere “aspettative di norme”. Diversi tipi di interpretazione a seconda dei soggetti che interpretano e loro diverso valore giuridico. – 10. Conseguenze della pluralità di distinti significati normativi ricavabili dall’interpretazione di una stessa disposizione di legge. La possibile coesistenza di norme “antinomiche” come momento “fisiologico” del sistema penale. – 11. I meccanismi previsti dall’ordinamento allo scopo di garantire la sua interna “coerenza” e quindi la “certezza” del diritto come valore (pratico e dunque) “politico”. – 12. Esiste una norma generale e astratta o solo quella individuale e concreta creata dal giudice? – 13. La “retroattività” come “aspetto logico” della norma penale incriminatrice. Il problema dell’interpretazione giudiziale in peius rispetto a quella vigente al momento della commissione del fatto. – 14. L’inevitabile “rischio” penale della “interpretazione” da parte dei destinatari della norma come conseguenza della sua logica “retroattività”. – 15. “politico” delle “scelte” del giudice e conseguenze sul piano della “legittimazione democratica” della sua attività “interpretativa”. – 16. Le soluzioni politiche adottabili di fronte ai casi di “patologia” nell’interpretazione giudiziaria. – 17. Gli strumenti teoricamente ipotizzabili e politicamente utilizzabili funzionali a garantire la “legittimazione democratica” delle norme giudiziarie. – 18. Separazione dei poteri, checks and balances e controllo politico sull’attività giudiziale. – 19. Conclusioni


Percorso di valutazione

Peer reviewed. Certificazione della qualità


L’intero articolo è disponibile