Pubblicato in: Giurisprudenza Costituzionale

Esecuzione pene detentive brevi/Sospensione – Corte cost. n. 119 del 2017

La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 656, co. 9, lett. a), c.p.p., come modificato dall’art. 2, co. 1, lett. m), d.l. 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla l. 24 luglio 2008, n. 125, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Firenze, in funzione di giudice dell’esecuzione, nella parte in cui tale disposizione stabilisce che la sospensione dell’esecuzione, anche qualora la pena detentiva non sia superiore a tre anni, non può essere disposta nei confronti dei condannati per il delitto di cui all’art. 624 c.p., quando ricorrono due o più circostanze tra quelle indicate dall’art. 625 c.p. [reato di furto pluriaggravato]. La Consulta ha accolto, ritenendola fondata, l’eccezione dell’Avvocatura generale dello Stato, secondo cui la questione è inammissibile «in ragione della sua irrilevanza, dal momento che la norma denunciata, essendo stata espunta dall’ordinamento giuridico, non è più applicabile nel giudizio a quo avente ad oggetto esclusivamente il diritto del condannato ad ottenere la sospensione dell’esecuzione». Al contrario, il giudice rimettente, per la decisione dell’incidente di esecuzione di cui era stato investito, aveva ritenuto di dover fare applicazione della norma in vigore al momento dell’emissione del provvedimento del pubblico ministero. La Corte ha chiarito che la decisione del giudice dell’esecuzione non può che essere emessa con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della pronuncia e che, rispetto a questa decisione, la cognizione dell’eventuale provvedimento (l’ordine di esecuzione del pubblico ministero) costituisce un mero antecedente logico. Ebbene, la norma che il giudice è chiamato ad applicare, quella in vigore al momento della decisione, non prevede più tra i reati ostativi alla sospensione il furto aggravato da due o più circostanze tra quelle indicate dall’art. 625 c.p.: il d.l. 1° luglio 2013, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena), convertito, con modificazioni, dalla l. 9 agosto 2013, n. 94, ha escluso il delitto di furto aggravato da due o più circostanze tra quelle indicate dall’art. 625 c.p. dall’elenco dei reati per i quali l’esecuzione della condanna non può essere sospesa. Oggi perciò la preclusione non esiste più. Nel caso di specie, il condannato, dopo circa un mese, aveva ottenuto la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale e, dunque, l’esecuzione della pena detentiva era ormai da tempo cessata. Perciò, secondo il Giudice delle leggi, la questione di legittimità costituzionale è da ritenersi ormai priva di rilevanza, sia perché, essendo cessata l’esecuzione, nessuna decisione deve più essere presa sulla sua sospensione, sia perché, se una decisione in proposito dovesse ancora essere presa, il giudice dovrebbe fare applicazione della norma attualmente vigente e non di quella censurata. Pertanto, la Corte ha concluso per la inammissibilità della questione di legittimità proposta. A.C. (Sentenze cost. correlate: n. 125 del 2016 e n. 90 del 2017; ord. n. 166 del 2010)

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