La Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 360 c.p.p., «ove non prevede che le garanzie difensive previste da detta norma riguardano anche le attività di individuazione e prelievo di reperti utili per la ricerca del DNA», sollevate, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., dalla Corte d’assise d’appello di Roma. Nella sentenza qui pubblicata, la Consulta ha ritenuto priva di fondamento la tesi del giudice rimettente secondo cui il prelievo di tracce biologiche, per sua natura, avrebbe caratteristiche tali da farlo assimilare in ogni caso a un accertamento tecnico preventivo e da richiedere quindi le medesime garanzie difensive. Il rilievo o il prelievo di reperti utili per la ricerca del DNA – ha affermato la Corte – ha natura di atto di indagine e il suo peculiare oggetto non giustifica di per sé la sottoposizione a un regime complesso come quello previsto dall’art. 360 c.p.p. Ad esempio, il prelievo di capelli non si differenzia dal prelevamento di altri reperti e non ci sarebbe ragione di effettuarlo con le forme stabilite per gli accertamenti tecnici. Anzi, le forme dell’art. 360 c.p.p. potrebbero assai spesso risultare incompatibili con l’urgenza, nel corso delle indagini, di eseguire il prelievo delle tracce di materiale biologico. Del resto, nel dibattimento l’imputato ha la possibilità di verificare e contestare la correttezza dell’operazione anche attraverso l’esame del personale che l’ha eseguita, oltre che dei consulenti tecnici e dell’eventuale perito nominato dal giudice. Inoltre, secondo il Giudice delle leggi, è inconferente il richiamo all’art. 117 disp. att. c.p.p., poiché questa disposizione non riguarda genericamente tanto i «rilievi» quanto gli «accertamenti tecnici», ma riguarda solo questi ultimi, e per la sua applicabilità presuppone perciò l’avvenuta individuazione della natura dell’atto. Di rilevante interesse è la seconda parte della presente decisione. Qualora il prelievo del DNA sia particolarmente complesso e, cioè, richieda, in casi particolari, valutazioni e scelte circa il procedimento da adottare, oltre che non comuni competenze e abilità tecniche per eseguirlo, allora, in questo caso, ma solo in questo – specifica la Corte costituzionale – può ritenersi che quell’atto di indagine costituisca a sua volta oggetto di un accertamento tecnico, prodromico rispetto all’altro da eseguire poi sul reperto prelevato. In tal caso, infatti, come ha rilevato la Corte di cassazione, «anche l’attività di prelievo assurge alla dignità di operazione tecnica non eseguibile senza il ricorso a competenze specialistiche e dovrà essere compiuta nel rispetto dello statuto che il codice prevede per la acquisizione della prova scientifica» (Cass., Sez. II, 27 novembre 2014, Santangelo, n. 2476). In altre parole, se il prelievo delle tracce biologiche comporta specifiche valutazioni tecniche saranno applicabili le garanzie difensive enucleate nell’art. 360 c.p.p.: avviso all’indagato, alla persona offesa e ai difensori, nomina del consulente, riserva di incidente probatorio. E’ con un apprezzamento in concreto che il giudice deve stabilire se si tratti o meno di mero rilievo "esecutivo", non comportante valutazioni. Pertanto, la Corte ha ritenuto di non poter condividere, nella sua assolutezza, la tesi del rimettente, per cui il «prelievo di reperti utili per la ricerca del DNA» deve essere in ogni caso assimilato a un accertamento tecnico non ripetibile. (A. Capitta)