La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 161 e 163 c.p.p., sollevata dal giudice del Tribunale ordinario di Asti, in riferimento agli artt. 2, 3, 21, 24, 111 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 14, Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici adottato a New York il 16 dicembre 1966 (entrato in vigore il 23 marzo 1976, ratificato e reso esecutivo con l. 25 ottobre 1977, n. 881) e all’art. 6, Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con l. 4 agosto 1955, n. 848), nella parte in cui non prevedono la notifica personale dell’atto introduttivo del giudizio penale, «quantomeno» nell’ipotesi di elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio «nei termini indicati e argomentati nella parte motiva».
Secondo la Consulta, la questione – così come posta dal giudice a quo – è inammissibile per plurimi motivi concorrenti.
In primo luogo, il rimettente non ha descritto in modo adeguato la fattispecie del giudizio a quo, impedendo alla Corte la necessaria verifica della rilevanza della questione.
Inoltre, la questione è risultata inammissibile per erronea individuazione della norma censurata. Il rimettente, infatti, pur impugnando espressamente gli artt. 161 e 163 c.p.p., ha argomentato le censure riferendosi esclusivamente all’art. 420-bis, co. 2, c.p.p., come modificato dalla l. 28 aprile 2014, n. 67, che reca ex novo la disciplina del processo in absentia.
Sentenza
In terzo luogo, il Giudice delle leggi ha rilevato che dalle numerose pronunce della Corte di Strasburgo non emerge affatto l’obbligo della notifica personale dell’atto introduttivo del giudizio, bensì solo la necessità che gli Stati membri predispongano delle regole alla cui stregua stabilire che l’assenza dell’imputato al processo possa essere ritenuta espressione di una consapevole rinuncia a parteciparvi (Corte EDU, sez. I, sent. 9 settembre 2004, Yavuz c. Austria; sez. I, sent. 4 luglio 2002, Jancikova c. Austria). Dunque, la individuazione degli strumenti attraverso cui consentire al giudice di verificare che l’assenza dell’imputato al processo sia espressione di una consapevole rinuncia a comparire non può che essere affidata alla discrezionalità del legislatore. Pertanto, la richiesta di una pronunzia additiva, implicando una soluzione non costituzionalmente obbligata, in ambito di scelte che eccedono i poteri della Corte costituzionale, ha determinato la inammissibilità della questione.
A.C.