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La Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile, ai sensi dell’art. 37, l. 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, proposto dal Tribunale di Bergamo nei confronti del Senato della Repubblica, con ricorso del 29 gennaio 2016, n. 3, Reg. confl. pot. amm., mediante il quale detto Tribunale chiedeva di dichiarare che non spettava al Senato della Repubblica di affermare, con deliberazione del 16 settembre 2015 (Doc. IV-ter, n. 4), che le dichiarazioni rese dal sen. Roberto Calderoli nei confronti dell’on. Cécile Kyenge Kashetu, all’epoca dei fatti Ministro per l’integrazione, concernessero opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, come tali insindacabili ai sensi dell’art. 68, co. 1, Cost., e di annullare conseguentemente la predetta deliberazione del Senato della Repubblica.
La vicenda di cui è scaturito il ricorso del Tribunale di Bergamo era quella relativa al procedimento penale nei confronti del sen. Roberto Calderoli, imputato del reato di cui agli artt. 595, co. 3, c.p. e 3, d.l. 26 aprile 1993, n. 122 (Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa, convertito, con modificazioni, dalla l. 25 giugno 1993, n. 205), perché, «alla presenza di una vasta platea di circa 1.500 spettatori durante un comizio tenutosi alla festa indetta dalla Lega Nord» il 13 luglio 2013 presso Treviglio, offendeva l’onore e il decoro del Ministro per l’integrazione pro tempore, assimilando l’on. Kyenge a un orango.
Secondo il Tribunale ricorrente, compito delle Camere sarebbe esclusivamente quello di valutare la sussistenza o meno del nesso tra opinioni espresse dal parlamentare ed esercizio delle relative funzioni, mentre sarebbe riservata alla giurisdizione la «qualificazione giuridica del fatto»: qui, invece, il Senato della Repubblica, ritenendo la sindacabilità del reato-base di diffamazione e l’insindacabilità della circostanza aggravante, avrebbe invaso un «settore riservato alla giurisdizione». Chiamata a delibare in ordine all’ammissibilità del conflitto di attribuzione, la Consulta ha osservato, sotto il profilo della sussistenza del requisito oggettivo, come il ricorrente lamentasse la lesione della propria sfera di attribuzione, costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto illegittimo, per inesistenza dei relativi presupposti, del potere spettante al Senato della Repubblica di dichiarare l’insindacabilità delle opinioni espresse da un membro di quel ramo del Parlamento ai sensi dell’art. 68, co. 1, Cost..
La Corte ha ritenuto, dunque, esistente la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza.
La Corte costituzionale ha altresì disposto:
- a) l’immediata comunicazione, a cura della cancelleria della Corte, della ordinanza al Tribunale di Bergamo, che ha proposto il conflitto di attribuzione;
- b) la notificazione, a cura del ricorrente, del ricorso e della ordinanza al Senato della Repubblica, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), nonché il loro successivo deposito, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria della Corte entro il termine di trenta giorni previsto dall’art. 24, co. 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
A.C.