Pubblicato in: Giurisprudenza Costituzionale

Decreto penale di condanna - Corte cost., n. 201 del 2016

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Fonte immagine: www.cortedicassazione.it
La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 460, co. 1, lettera e), c.p.p. nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna contenga l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere mediante l’opposizione la sospensione del procedimento con messa alla prova.

Nella sentenza qui evidenziata, la Consulta ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 460, co. 1, lett. e), c.p.p., «nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna debba contenere l’avviso all’imputato che ha facoltà di chiedere la sospensione del procedimento per messa alla prova unitamente all’atto di opposizione», sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dal Tribunale ordinario di Savona, in composizione monocratica.


Sotto il profilo della violazione del diritto di difesa, il Giudice delle leggi ha richiamato, innanzitutto, un complesso di principi già elaborati in precedenti occasioni. Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, infatti, la richiesta di riti alternativi costituisce una modalità, tra le più qualificanti, di esercizio del diritto di difesa. Di conseguenza, come è stato ritenuto, l’avviso all’imputato della possibilità di richiedere i riti alternativi – ancor più quando il termine entro cui chiedere questi ultimi sia anticipato rispetto alla fase dibattimentale – costituisce «una garanzia essenziale per il godimento di un diritto della difesa» (sent. n. 497 del 1995; n. 148 del 2004). Queste considerazioni inerenti alle facoltà difensive per la richiesta dei riti speciali non possono non valere anche per il nuovo procedimento di messa alla prova, in quanto questo istituto, pur avendo effetti sostanziali, perché dà luogo all’estinzione del reato, è connotato da un’intrinseca dimensione processuale, consistendo in un nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio (sent. n. 240 del 2015). Occorre, pertanto, che all’imputato, come avviene per gli altri riti speciali, sia dato avviso della facoltà di richiedere, mediante l’opposizione al decreto penale, la sospensione del procedimento con messa alla prova. L’omissione di questo avvertimento – ha concluso la Corte costituzionale - può determinare un pregiudizio irreparabile del diritto di difesa, come quello verificatosi nel giudizio a quo, in cui l’imputato nel fare opposizione al decreto, non essendo stato avvisato, ha formulato la richiesta in questione solo nel corso dell’udienza dibattimentale, e quindi tardivamente.


La Consulta ha ritenuto, infine, assorbita la censura relativa all’art. 3 Cost.


                                                                                  A.C.