Pubblicato in: Giurisprudenza Costituzionale

Discrezionalità legislativa e scelte sanzionatorie – Reato di appropriazione indebita – Corte cost., 22 marzo 2024 (ud. 21 febbraio 2024), n. 46, con nota di L. De Angelis

Corte cost.

L’ampia discrezionalità del legislatore nella definizione della propria politica criminale, e in particolare nella determinazione delle pene applicabili a chi abbia commesso reati, così come nella stessa selezione delle condotte costitutive di reato, non equivale ad arbitrio.
Qualsiasi legge dalla quale discendano compressioni dei diritti fondamentali della persona deve potersi razionalmente giustificare in relazione a una o più finalità legittime perseguite dal legislatore; e i mezzi prescelti da quest’ultimo non devono risultare manifestamente sproporzionati rispetto a quelle pur legittime finalità. Il controllo sul rispetto di tali limiti spetta alla Corte costituzionale, che è tenuta a esercitarlo con tanta maggiore attenzione, quanto più la legge incida sui diritti fondamentali della persona; il che paradigmaticamente accade rispetto alle leggi penali, che sono sempre suscettibili di incidere, oltre che su vari altri diritti fondamentali, sulla libertà personale dei loro destinatari.
Il canone di coerenza dell’ordinamento nel campo delle norme del diritto è l’espressione del principio di eguaglianza di trattamento tra eguali posizioni sancito dall’art. 3 Cost.

L’esigenza di far ricorso a una pronuncia di tipo manipolativo, che sostituisca la sanzione censurata con altra conforme a Costituzione, si pone imprescindibilmente solo allorché la lacuna di punibilità che conseguirebbe a una pronuncia ablativa, non colmabile tramite l’espansione di previsioni sanzionatorie coesistenti, si riveli foriera di insostenibili vuoti di tutela per gli interessi protetti dalla norma incisa: come, ad esempio, quando ne derivasse una menomata protezione di diritti fondamentali dell’individuo o di beni di particolare rilievo per l’intera collettività rispetto a gravi forme di aggressione, con eventuale conseguente violazione di obblighi costituzionali o sovranazionali. Laddove invece una simile situazione non ricorra, l’intervento rimediale di questa Corte ben può limitarsi all’ablazione, totale o parziale, della disposizione censurata.
Le soluzioni costituzionalmente adeguate, ossia tratte da discipline già esistenti, sono quelle che consentono di porre rimedio nell’immediato al vulnus riscontrato, senza creare insostenibili vuoti di tutela degli interessi di volta in volta tutelati dalla norma incriminatrice incisa dalla propria pronuncia, restando ferma la possibilità per il legislatore di intervenire in qualsiasi momento a individuare, nell’ambito della propria discrezionalità, altra – e in ipotesi più congrua – soluzione sanzionatoria, purché rispettosa dei principi costituzionali.

Per leggere la sentenza, clicca qui.