1. Con la sentenza n. 278 del 2020, depositata il 23 dicembre 2020, la Corte costituzionale ha dichiarato in parte non fondate e in parte inammissibili le questioni sollevate dai Tribunali di Siena, di Spoleto e di Roma sull’applicabilità della sospensione del corso della prescrizione – introdotta dai decreti legge n. 18 e n. 23 del 2020 per far fronte alla emergenza pandemica da Covid-19 – anche ai processi per reati commessi prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni, per il periodo dal 9 marzo all’11 maggio 2020. In particolare, il Giudice delle leggi ha dichiarato:
1) inammissibili gli interventi di N. S., G. T., C. S. ed E. S., nei giudizi aventi ad oggetto le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale ordinario di Siena;
2) non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 83, co. 4, D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella L. 24 aprile 2020, n. 27, sollevate, in riferimento all’art. 25, co. 2, Cost., dal Tribunale ordinario di Siena, nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione, con riferimento ai procedimenti penali indicati nel co. 2 della stessa disposizione, anche per fatti commessi prima del 9 marzo 2020;
3) non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 83, co. 4, d.l. n. 18 del 2020, convertito in legge, e dell’art. 36, co. 1, D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali), convertito, con modificazioni, nella L. 5 giugno 2020, n. 40 (quest’ultimo, nella parte in cui dispone la proroga all’11 maggio 2020 dei termini previsti dall’art. 83, co. 1 e 2, d.l. n. 18 del 2020), sollevate, in riferimento all’art. 25, co. 2, Cost., dai Tribunali ordinari di Roma e di Spoleto;
4) inammissibile la questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 83, co. 4, d.l. n. 18 del 2020, come convertito, e dell’art. 36, co. 1, d.l. n. 23 del 2020, come convertito, sollevata – in riferimento all’art. 117, co. 1, Cost., in relazione all’art. 7 CEDU – dal Tribunale ordinario di Spoleto;
5) inammissibile la questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 83, co. 4, d.l. n. 18 del 2020, come convertito, e dell’art. 36, co. 1, d.l. n. 23 del 2020, come convertito, sollevata – in riferimento all’art. 117, co. 1, Cost., in relazione all’art. 7 CEDU e all’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – dal Tribunale ordinario di Roma.
La Consulta ha ritenuto infondate le questioni poste in riferimento al principio di legalità di cui all’art. 25, co. 2, Cost., mentre è stata dichiarata l’inammissibilità con riguardo ai parametri europei richiamati dall’art. 117, co. 1, Cost.
2. Per quanto concerne le questioni sollevate con riferimento all’art. 25, co. 2, Cost., la Corte ha ribadito anzitutto che la prescrizione del reato costituisce un istituto di natura sostanziale e quindi rientra nell’area di applicazione del principio di legalità enunciato dall’art. 25, co. 2, Cost. (sent. cost. n. 115 del 2018, ord. n. 24 del 2017, sent. n. 324 del 2008 e n. 393 del 2006). La prescrizione – ha affermato la Corte – pur determinando, sul versante processuale, l’improcedibilità dell’azione penale, si configura come causa di estinzione del reato sul piano più specificamente sostanziale.
I Giudici costituzionali hanno poi richiamato la portata del principio di legalità, quale diritto fondamentale della persona accusata e valore assoluto, non suscettibile di bilanciamento con altri valori costituzionali (sent. cost., n. 32 del 2020, n. 236 del 2011 e n. 394 del 2006). Con particolare riguardo all’istituto della prescrizione dei reati, il principio di legalità – ha precisato la Corte – richiede che l’autore del reato debba essere posto in grado di conoscere, al momento della commissione del fatto, la disciplina concernente la dimensione temporale in cui sarà possibile l’accertamento nel processo, con carattere di definitività, della sua responsabilità penale (ossia la durata del tempo di prescrizione), anche se ciò non comporta la precisa predeterminazione del dies ad quem in cui maturerà la prescrizione. Sotto un profilo strettamente sostanziale, infatti, il rispetto del principio di legalità implica, da un lato, la sufficiente determinatezza della durata del tempo di prescrizione e, dall’altro, la non retroattività della norma di legge che preveda un allungamento del decorso della prescrizione. Tuttavia – ricorda la Corte – vi possono essere vicende processuali che incidono sulla complessiva durata del tempo di prescrizione dei reati, come ad esempio le vicende ricollegabili alla disciplina della decorrenza, sospensione e interruzione della prescrizione. Sicché è impossibile per l’imputato prevedere ex ante quante volte il decorso del termine di prescrizione sarà sospeso o quante volte tale termine sarà interrotto.
Le regole del processo – si legge nella sentenza – possono avere una incidenza sulla disciplina della prescrizione. Il principio di legalità, nel suo duplice aspetto sostanziale e processuale, copre anche le implicazioni sostanziali delle norme processuali.
In questo contesto – prosegue la Corte – l’art. 159, co. 1, c.p. ha una funzione di cerniera perché contiene, da una parte, una causa generale di sospensione della prescrizione, che opera quando la sospensione del procedimento o del processo è imposta da una particolare disposizione di legge, e, dall’altra, un elenco di casi particolari. La temporanea sospensione ex lege del procedimento o del processo determina, in via generale, una parentesi del decorso del tempo della prescrizione. In forza dell’applicazione dell’art. 159, co. 1, c.p., la Consulta può dunque affermare che l’autore del reato ha già contezza, al momento del fatto, che, se il procedimento o il processo saranno sospesi in ragione di una disposizione di legge che ciò preveda, lo sarà anche il corso della prescrizione. Pertanto – ritiene la Corte – la consapevolezza di questo automatismo nell’autore della condotta penalmente rilevante è sufficiente ad assicurare il rispetto di un principio di legalità “integrato” dalla regola secondo cui la legge non dispone che per l’avvenire (art. 11 disp. prel.) e dalla garanzia che non è possibile che l’incidenza indiretta di una vicenda processuale sul tempo di prescrizione abbia una proiezione retroattiva.
Passando all’esame delle specifiche questioni, la Corte ha individuato nella disposizione censurata di cui all’art. 83, co. 4, d.l. n. 18 del 2020, letto in correlazione con i co. 1 e 2 del medesimo articolo, una ipotesi di sospensione dei procedimenti penali riconducibile alla causa generale prevista dall’art. 159, co. 1, c.p. In linea con la giurisprudenza di legittimità, la Consulta ha infatti ritenuto che il combinato disposto dei co. 1 e 2 dell’art. 83 contempli l’integrale sospensione dell’attività giurisdizionale nel periodo emergenziale, prevedendo il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto processuale. Tale sospensione del procedimento e del processo è riconducibile alla previsione generale dell’art. 159, co. 1, c.p. ed è dunque rilevante ai fini della sospensione del corso della prescrizione (ex plurimis, Cass., Sez. V, 14 luglio 2020, n. 25222, Lungaro, in Mass. Uff., n. 279596-01; Id., Sez. III, 23 luglio 2020, n. 25433, Turra).
La sospensione della prescrizione come conseguenza della sospensione dei processi è applicabile anche a condotte pregresse, fermo restando che essa non può decorrere da una data anteriore alla legge che la prevede. Secondo la Corte, proprio la riconducibilità della fattispecie in esame alla «particolare disposizione di legge» di cui all’art. 159, co. 1, c.p. fa sì che il principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole venga rispettato: la sospensione del corso della prescrizione di cui alla disposizione censurata può considerarsi infatti anteriore alle condotte penalmente rilevanti contestate agli imputati nei giudizi a quibus.
Questo passaggio della sentenza in esame risulta, a ben vedere, poco convincente: ricondurre la nuova causa di sospensione della prescrizione alla disciplina dell’art. 159, co. 1, c.p. significa legittimare l’applicazione retroattiva di una norma penale sostanziale che introduce, in peius, un aumento del decorso della prescrizione. Attraverso il rinvio all’art. 159, co. 1, c.p., l’operatività del nuovo art. 84, co. 4, d.l. n. 18 del 2020 si estende infatti a reati commessi prima della entrata in vigore del decreto medesimo. Né pare condivisibile l’argomento secondo cui l’espressa previsione, nel co. 4 dell’art. 83, della sospensione del corso della prescrizione fisserebbe in termini maggiormente chiari la collocazione della disposizione nell’alveo della causa generale contenuta nell’art. 159, co. 1, c.p. (§ 16, Considerato in diritto). Al contrario, è lecito ritenere che l’espressa previsione anche della sospensione dei termini di prescrizione di cui all’art. 83, co. 4, d.l. n. 18 del 2020 riveli l’autonomia di questa disposizione, contenuta in una legge speciale (per un ampio approfondimento sul tema, v. MAZZA, La legalità estinta (per prescrizione) e lo squilibrio dei valori costituzionali, in questa Rivista online, 2020, n. 3, 1 ss.). La dichiarazione di non fondatezza delle questioni sollevate in riferimento all’art. 25, co. 2, Cost. sembra, in definitiva, sconfessare le stesse premesse da cui ha mosso la Corte, là dove ha affermato come il rispetto del principio di legalità comporti anche la non retroattività della norma di legge che allunghi il decorso del tempo della prescrizione dei reati, ampliando in peius la perseguibilità del fatto commesso.
3. Sotto diverso profilo, va sottolineato che i rimettenti non hanno sollevato dubbi di legittimità costituzionale con riferimento ai parametri interni di cui agli artt. 111, co. 2, e 3, co. 1, Cost. Nondimeno, il Giudice delle leggi ha osservato che la breve durata della sospensione del corso della prescrizione prevista dalla disposizione in esame è pienamente compatibile con il canone della ragionevole durata del processo e che, d’altra parte, sul piano della ragionevolezza e proporzionalità, la norma è giustificata dalla tutela del bene della salute collettiva (art. 32, co. 1, Cost.), al fine di contenere il rischio di contagio da Covid-19 in un eccezionale momento di emergenza sanitaria.
4. Per quanto attiene, infine, alle questioni poste con riferimento all’art. 117, co. 1, Cost., in relazione ai parametri europei di cui all’art. 7 CEDU e all’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la Corte le ha reputate inammissibili: con riguardo all’art. 7 CEDU, per carenza motivazionale in ordine al parametro convenzionale invocato, che peraltro non offre, in materia di prescrizione, una protezione più ampia di quella dell’art. 25, co. 2, Cost.; quanto invece all’art. 49 CDFUE, per assoluta mancanza di motivazione in ordine alla riferibilità della fattispecie interna a una materia rientrante nell’ambito di attuazione del diritto dell’Unione europea.