Con la sentenza n. 30 del 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 31 Cost., dell’art. 47-quinquies, co. 1, 3 e 7, ord. penit., nella parte in cui non prevede che, ove vi sia un grave pregiudizio per il minore derivante dalla protrazione dello stato di detenzione del genitore, l’istanza di detenzione domiciliare può essere proposta al magistrato di sorveglianza, che può disporre l’applicazione provvisoria della misura, nel qual caso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 47, co. 4, ord. penit.
La Consulta ha anzitutto ricordato che la detenzione domiciliare speciale ha natura “sussidiaria” e “complementare” rispetto alla detenzione domiciliare ordinaria nell’interesse del minore, di cui all’art. 47-ter, co. 1, lett. a) e b), ord. penit., in quanto può trovare applicazione anche nell’ipotesi in cui la pena da scontare dal genitore superi il limite dei quattro anni di reclusione, viceversa ostativo alla concessione della misura nella forma ordinaria. Nonostante la diversità del presupposto concernente l’entità della pena – ha osservato la Corte – le due misure alternative perseguono la stessa finalità, cioè quella di evitare, fin dove possibile, che l’interesse del bambino sia compromesso dalla perdita delle cure parentali, determinata dalla permanenza in carcere del genitore, danno riflesso noto come “carcerizzazione dell’infante”. L’identità finalistica delle due specie di detenzione domiciliare è stata più volte sottolineata dalla giurisprudenza costituzionale, che ne ha progressivamente assimilato le discipline sotto molteplici profili, tra cui, ad esempio, quello riguardante la caducazione delle preclusioni stabilite dall’art. 4-bis, co. 1, ord. penit. (sent. cost. n. 239 del 2014).
Nel caso specifico, la Corte ha constatato che l’applicazione provvisoria della misura alternativa da parte del magistrato di sorveglianza è ammessa per la detenzione domiciliare ordinaria, mentre non è consentita per la detenzione domiciliare speciale, che pure dell’altra misura condivide la ratio di tutela del fanciullo. Anche sotto questo profilo, dunque, la Consulta intende allineare la disciplina della misura speciale a quella della misura nella sua forma ordinaria.
Va peraltro sottolineato che la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata non per contrasto con l’art. 3 Cost., ma per violazione dell’art. 31 Cost., ritenendo assorbite le questioni riferite anche ad altri parametri evocati dal rimettente.
Il Giudice delle leggi ha rilevato che, nella fattispecie, il magistrato di sorveglianza è chiamato a decidere sulla base di un quadro ben definito, supportato dai dati oggettivi risultanti dal pregresso trattamento intramurario del genitore, che gli consente di valutare in concreto se l’interesse del minore, “stella polare” del suo giudizio, imponga l’anticipazione della misura o receda di fronte alle esigenze di difesa sociale.
L’esclusione dell’anticipazione della detenzione domiciliare speciale – basata su un automatismo preclusivo – non trova, quindi, una valida ragione giustificativa nel carattere sommario della decisione monocratica e, tuttavia, sacrifica l’interesse del minore alle cure genitoriali, impedendo al magistrato di sorveglianza di valutare le particolarità del caso concreto: ciò si risolve, secondo la Consulta, in una violazione del favor minorile assicurato dall’art. 31 Cost.
Infine, sulla scorta della sentenza n. 74 del 2020, la Corte non ha sottovalutato il profilo inerente alla incidenza negativa dell’attesa dei tempi, solitamente non brevi, richiesti per la decisione collegiale, incidenza la cui gravità, venendo in rilievo il preminente interesse del bambino alle cure del genitore, assume qui «una pregnanza particolare» (sent. cost. n. 187 del 2019; n. 76 del 2017 e n. 239 del 2014).