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La Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 87, co. 3, c.p.p., sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., dalla Corte d’appello di Milano, nella parte in cui tale disposizione prevede che l’esclusione del responsabile civile «è disposta senza ritardo, anche di ufficio, quando il giudice accoglie la richiesta di giudizio abbreviato».
Secondo la Corte d’appello rimettente, il giudizio abbreviato avrebbe ormai assunto, alla luce delle profonde modifiche della struttura del rito, un aspetto estremamente diverso e molto più composito di quello originario, a fronte del quale la rigida regola di esclusione del responsabile civile – espressiva delle esigenze di celerità inizialmente proprie dell’istituto – non troverebbe più giustificazione.
La Consulta non è giunta, tuttavia, ad esaminare nel merito l’eccezione di costituzionalità, giacché ha evidenziato la non adeguata motivazione sulla rilevanza della questione nel processo principale. L’asserita rilevanza della questione viene, infatti, fatta discendere – dal rimettente – dal solo fatto che essa sia stata nuovamente prospettata dall’imputato nell’atto di appello, senza indicare in qual modo il suo accoglimento inciderebbe sul giudizio a quo, discutendosi della posizione di una parte già estromessa dal giudizio di primo grado e nei cui confronti non è stato instaurato il contraddittorio in grado di appello. Sul punto, la Corte costituzionale richiama la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui le ordinanze dibattimentali di esclusione della parte civile non sono suscettibili né di impugnazione immediata ed autonoma, stante il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione (art. 568 c.p.p.), né di impugnazione differita unitamente alla sentenza, ai sensi dell’art. 586, co. 1, c.p.p., perché il soggetto danneggiato, una volta estromesso dal processo, perde la qualità di parte e non è più legittimato all’impugnazione (per tutte, Corte Cass., Sez. un., 19 maggio 1999, n. 12).
La Corte milanese avrebbe dovuto porsi, di conseguenza, il problema di verificare se analoga conclusione si imponga – in conformità a quanto generalmente si ritiene in dottrina – anche in rapporto alle ordinanze di esclusione del responsabile civile.
Il difetto di congrua motivazione sulla rilevanza – così evidenziato dal Giudice delle leggi – rende dunque la questione manifestamente inammissibile.
A.C.