La Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 456, co. 2, c.p.p., sollevate, rispettivamente, dal Tribunale ordinario di Pisa, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., e dal Tribunale ordinario di Ivrea, in riferimento al solo art. 24 Cost., nella parte in cui tale disposizione non prevede che il decreto di giudizio immediato debba contenere l’avviso all’imputato che ha facoltà di chiedere la sospensione del procedimento per messa alla prova entro quindici giorni dalla notifica del predetto decreto a pena di decadenza come previsto dall’art. 458, co. 1, c.p.p.
La Consulta ha rilevato come entrambe le ordinanze di rimessione non contenessero alcuna descrizione dei fatti oggetto del giudizio a quo, limitandosi a indicare, con il solo numero, le disposizioni che prevedono i reati contestati all’imputato, senza neppure riportare i relativi capi di imputazione.
Con particolare riguardo alle questioni sollevate dal Tribunale di Pisa, il Giudice delle leggi ha osservato che al reato previsto dall’art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e punito con la pena della reclusione da sei a venti anni, presente tra i reati contestati, la sospensione con messa alla prova non poteva ritenersi applicabile: l’art. 168-bis c.p. stabilisce infatti che la messa alla prova può essere richiesta nei procedimenti per i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva, ancorché congiunta con la pena pecuniaria, non superiore nel massimo a quattro anni. Inoltre, la Corte di cassazione ha escluso che la sospensione con messa alla prova «[possa] essere disposta, previa separazione dei processi, soltanto per alcuni dei reati contestati per i quali sia possibile l’accesso al beneficio, in quanto la messa alla prova tende alla eliminazione completa delle tendenze antisociali del reo e sarebbe incompatibile con le finalità dell’istituto una rieducazione parziale» (Cass., Sez. II, 12 marzo 2015, Allotta, n. 14112, in Mass. Uff., n. 263125).
La Corte costituzionale, pertanto, ha ritenuto le questioni manifestamente inammissibili per difetto di motivazione sulla loro rilevanza nel giudizio a quo (ex multis, ord. cost. n. 210 e n. 46 del 2017, n. 237 del 2016).
A.C.