La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 573, 579, co. 3, e 593 c.p.p., sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 42, 111 e 117, co. 1, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della CEDU, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con l. 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 1 del Primo Protocollo addizionale alla CEDU, dalla Corte di cassazione, I Sezione penale, nella parte in cui un simile assetto normativo non prevede, «a favore di terzi incisi nel diritto di proprietà per effetto della sentenza di primo grado, la facoltà di proporre appello sul solo capo contenente la statuizione di confisca». I dubbi di legittimità costituzionale del Giudice rimettente hanno investito il solo segmento processuale che va dall’adozione della confisca (ex art. 12-sexies, d.l. n. 306 del 1992), con la sentenza di primo grado, fino alla definitività di tale statuizione. La Consulta ha dichiarato inammissibili sia le questioni di legittimità costituzionale, diverse da quelle sollevate dal rimettente, proposte dalle parti del giudizio a quo, che si sono costituite nel processo incidentale, sia le questioni sollevate dalla Corte di cassazione. Ritenendo incompleta la ricostruzione del quadro giurisprudenziale vigente al tempo in cui era stata emessa l’ordinanza di rimessione e, per questo, non corrispondente al diritto vivente la soluzione interpretativa adottata dal rimettente, il Giudice delle leggi ha ricordato come, sul punto, siano intervenute le Sezioni unite, esprimendosi in senso favorevole al mantenimento anche nel giudizio di secondo grado del rimedio cautelare, con la facoltà per il terzo di chiedere al giudice della cognizione la restituzione del bene sequestrato e di proporre, nel caso di diniego, appello al tribunale del riesame, ai sensi dell’art. 322-bis c.p.p. (Cass., Sez. un., 20 luglio 2017, n. 48126). Il giudice a quo ha omesso di prendere in considerazione la tesi recepita dalle Sezioni unite. Le questioni sono perciò state poste – come ha rilevato la Corte costituzionale – senza tenere conto della possibilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata (certamente compatibile con la lettera della legge e con la cornice normativa entro cui essa si inserisce), che avrebbe offerto al terzo, pur dopo la confisca, proprio quella forma di tutela, ovvero il rimedio cautelare, che il rimettente ha giudicato soddisfacente anche nel raffronto con la partecipazione al processo penale di primo grado. A.C.