Con la sentenza n. 93 del 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato:
1) l’illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 111, co. 2, Cost., dell’art. 34, co. 2, c.p.p., nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a decidere sull’opposizione all’archiviazione per particolare tenuità del fatto del giudice persona fisica che abbia rigettato la richiesta di decreto penale di condanna, ritenendo sussistere la suddetta causa di esclusione della punibilità;
2) inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 34, co. 2, c.p.p. sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24, co. 2, Cost., dal G.i.p. del Tribunale di Napoli, nella parte in cui tale disposizione non prevede l’incompatibilità a decidere sull’opposizione all’archiviazione del giudice per le indagini preliminari che, nel rigettare una richiesta di emissione di decreto penale di condanna, abbia espresso il convincimento che sussista una causa di non punibilità: nella specie, la particolare tenuità del fatto.
La Consulta ha dichiarato inammissibili le questioni riferite agli artt. 3 e 24, co. 2, Cost., per carenza assoluta di motivazione delle censure.
La questione promossa in riferimento all’art. 111, co. 2, Cost. è stata, invece, dichiarata fondata. La Corte ha ritenuto assorbito l’esame dell’ulteriore censura riferita alla violazione dell’art. 117, co. 1, Cost., in relazione all’art. 6, § 1, CEDU.
Quanto all’esame della questione sollevata in riferimento all’art. 111, co. 2, Cost., la Corte ha anzitutto ricordato che le norme sulla incompatibilità del giudice sono poste a tutela dei valori della terzietà e della imparzialità della giurisdizione, presidiati, appunto, dagli artt. 111, co. 2, Cost. e 117, co. 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU. La disciplina della incompatibilità del giudice risulta infatti finalizzata a evitare che la decisione sul merito della causa possa essere o apparire condizionata dalla “forza della prevenzione” scaturente da valutazioni cui il giudice sia stato precedentemente chiamato in ordine alla medesima res iudicanda (v., ex plurimis, sent. cost. n. 74 del 2024; n. 172 del 2023; n. 16 del 2022 e n. 183 del 2013).
La Consulta ha altresì rammentato i criteri in base ai quali determinare l’insorgere dell’incompatibilità c.d. “orizzontale”, con riguardo sia all’“attività pregiudicante”, che alla “sede pregiudicata”. Le condizioni che devono ricorrere per ritenersi sussistente un’ipotesi di incompatibilità endoprocessuale sono state indicate nelle più recenti pronunce in materia e, ancora, nella presente sentenza: le valutazioni preesistenti devono cadere sulla medesima res iudicanda; il giudice deve essere stato chiamato a compiere una valutazione di atti anteriormente compiuti, strumentale all’assunzione di una decisione; quest’ultima deve avere natura non “formale”, ma “di contenuto”, ovvero deve comportare valutazioni sul merito dell’ipotesi accusatoria; infine, le precedenti valutazioni devono collocarsi in una diversa fase del procedimento (da ultimo, v. sent. cost. n. 74 del 2024; n. 172 e n. 91 del 2023 e n. 64 del 2022).
Nel caso in questione – ha affermato la Consulta – risulta sussistente ogni condizione richiesta dalla giurisprudenza costituzionale affinché si configuri l’incompatibilità del giudice.
In primo luogo, il giudice si è trovato due volte a valutare lo stesso fatto criminoso, dapprima in sede di esame della richiesta di decreto penale di condanna e successivamente in sede di opposizione all’archiviazione per particolare tenuità del fatto.
È stata assunta, nel caso specifico, una prima decisione c.d. “pregiudicante”, nell’ambito della quale, valutando le prove, il giudice ha respinto la richiesta di decreto penale di condanna, convincendosi che il fatto non fosse punibile, ex art. 131-bis c.p., per la sua particolare tenuità. In linea generale, nel procedimento per decreto, al momento di valutare la richiesta del pubblico ministero, il giudice effettua un esame completo dell’accusa, sotto i profili oggettivo e soggettivo; perciò, la Corte ne ha asserito la natura di vero e proprio giudizio (cfr., sent. cost. n. 16 del 2022). In particolare, poi – come ha evidenziato di recente il Giudice delle leggi – la dichiarazione di non punibilità per particolare tenuità del fatto presuppone logicamente la valutazione che un reato, completo di tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi, sia stato commesso dalla persona sottoposta a indagini o dall’imputato (sent. cost. n. 116 del 2023).
Inoltre, con il rigetto della richiesta di decreto penale e la restituzione degli atti al pubblico ministero, si è determinata la regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari, ricorrendo, così, la condizione della diversità della fase processuale.
Infine, la Corte ha verificato se la sede decisoria che il rimettente aveva assunto come “pregiudicata” dalla formazione del precedente convincimento si potesse qualificare anch’essa come giudizio sulla responsabilità penale dell’imputato. A parere della Consulta, nel caso dell’opposizione all’archiviazione per particolare tenuità del fatto, la risposta è positiva. Infatti – come hanno rilevato i giudici costituzionali – il provvedimento motivato dalla particolare tenuità del fatto è preceduto da compiute valutazioni sulla responsabilità penale dell’indagato e, di conseguenza, l’opposizione all’archiviazione per particolare tenuità del fatto possiede i caratteri di un giudizio che investe il merito dell’imputazione.
Per tutte queste ragioni, la Consulta ha ritenuto che, nella fattispecie de qua, il giudice potesse essere condizionato dalla decisione assunta in precedenza, in contrasto con l’art. 111, co. 2, Cost., secondo cui il processo si deve svolgere dinanzi a un giudice terzo e imparziale.
Pertanto – ha concluso la Corte – l’art. 34, co. 2, c.p.p. va dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a decidere sull’opposizione all’archiviazione per particolare tenuità del fatto del giudice che, nel rigettare la richiesta di decreto penale di condanna, abbia già espresso il proprio convincimento in ordine alla sussistenza della suddetta causa di esclusione della punibilità.