Con la sentenza n. 7 del 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3, co. 1, e 111, co. 2, Cost., degli artt. 34, co. 1, e 623, co. 1, lett. a), c.p.p., nella parte in cui non prevedono che il giudice dell’esecuzione deve essere diverso da quello che ha pronunciato l’ordinanza sulla richiesta di rideterminazione della pena, a seguito di declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, annullata con rinvio dalla Corte di cassazione.
La Consulta, dopo aver ricordato che l’art. 34, co. 1, c.p.p. mira ad assicurare la tutela del principio fondamentale dell’imparzialità-terzietà del giudice, ha affermato che la mancata previsione dell’incompatibilità del giudice dell’esecuzione, persona fisica, che abbia pronunciato l’ordinanza sulla richiesta di rideterminazione della pena proposta a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, poi annullata con rinvio dalla Corte di cassazione, confligge con entrambi i parametri evocati dal giudice rimettente (artt. 3, co. 1, e 111, co. 2, Cost.).
Infatti, il giudice dell’esecuzione, nel giudizio di rinvio conseguente all’annullamento dell’ordinanza con cui egli stesso si è già pronunciato sulla rideterminazione della pena, è nuovamente investito della decisione circa la “misura” della responsabilità del condannato, dovendo a tal fine esercitare incisivi poteri di merito, volti alla rivalutazione sanzionatoria del fatto illecito, alla luce del nuovo e più favorevole minimo edittale. Questa rivalutazione cui è chiamato il giudice non è condotta secondo criteri oggettivi, ma alla stregua dei parametri di cui agli artt. 132 e 133 c.p., per assicurare la finalità rieducativa della pena ai sensi dell’art. 27, co. 3, Cost. Pertanto, come ha precisato la Corte, l’apprezzamento demandato al giudice in sede di rinvio assume la natura di “giudizio” che, in quanto tale, integra il secondo termine della relazione di incompatibilità, espressivo della sede “pregiudicata” dall’effetto di “condizionamento” scaturente dall’avvenuta adozione di una precedente decisione sulla medesima res iudicanda (v. sent. cost. n. 183 del 2013).
Di conseguenza – ha concluso la Consulta – in sede di rinvio dopo l’annullamento da parte della Corte di cassazione, il giudice dell’esecuzione, per essere «terzo e imparziale» (art. 111, co. 2, Cost.), deve essere persona fisica diversa dal giudice che, in precedenza, si è già pronunciato sulla richiesta di rideterminazione della pena “illegale”.