Con la sentenza n. 38 del 2019, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, co. 2, l. 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 Cost. nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), sollevata, in riferimento all’art. 68, co. 3, Cost., dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Bologna, nella parte in cui prevede che il giudice debba chiedere alla Camera, alla quale il parlamentare appartiene o apparteneva, l’autorizzazione a utilizzare i tabulati di comunicazioni relativi a utenze intestate a terzi, venute in contatto con il primo.
Secondo il giudice rimettente, l’art. 68, co. 3, Cost., là dove utilizza le espressioni «conversazioni» e «comunicazioni», esclude ogni riferimento ai tabulati, i quali forniscono non già il contenuto, ma la documentazione del dato «estrinseco» della conversazione. Per cui, sarebbe in radice costituzionalmente illegittima la previsione censurata, che invece equipara i tabulati telefonici ai verbali e alle registrazioni delle conversazioni o comunicazioni intercettate nel corso di procedimenti riguardo terzi, assoggettandoli entrambi alla necessità dell’autorizzazione, da parte della Camera d’appartenenza del parlamentare, al fine del loro utilizzo in giudizio.
La Consulta ha ritenuto tale assunto non corretto.
Il riferimento, nell’art. 68, co. 3, Cost., a «conversazioni o comunicazioni» – ha chiarito il Giudice delle leggi – induce a ritenere che siano coperti dalla garanzia costituzionale anche i dati esteriori ricavabili dai tabulati, in quanto “fatti comunicativi”: data e ora delle conversazioni o delle comunicazioni, durata, utenze coinvolte. Del resto, il termine «comunicazioni» ha, tra i suoi comuni significati, quello di «contatto», «rapporto», «collegamento», evocando proprio i dati e le notizie che un tabulato telefonico è in grado di rivelare.
La Corte ha inoltre stabilito che la previsione della necessaria autorizzazione all’utilizzo in giudizio del tabulato telefonico non costituisce inammissibile lesione del principio di uguale soggezione alla legge, ma attuazione del pertinente trattamento richiesto dalla garanzia costituzionale. Del resto – come si rileva nella decisione – la ratio della garanzia di cui all’art. 68, co. 3, Cost. non è la tutela della privacy del parlamentare, bensì quella della libertà della funzione che egli esercita, in conformità alla natura stessa delle immunità parlamentari, volte alla protezione dell’autonomia e dell’indipendenza decisionale delle Camere rispetto a indebite invadenze di altri poteri e solo strumentalmente destinate a riverberare i propri effetti a favore delle persone investite della funzione (sent. cost. n. 9 del 1970).
Per questa ragione – ha concluso la Corte – la garanzia in esame può estendersi all’utilizzo dibattimentale del tabulato telefonico, quale atto idoneo a incidere sulla libertà di comunicazione del parlamentare.