Lo scorso 20 agosto è stata pubblicata in GU la legge in epigrafe, la quale reca la conversione in legge del D.L. n. 92 del 2014.
Fra le modifiche di maggiore interesse si segnalano quelle relative all'art. 8 del provvedimento d'urgenza, il quale modifica l’art. 275 c.p.p. sui criteri di scelta delle misure cautelari, in modo da limitare il ricorso alla custodia cautelare in carcere.
Più nel dettaglio il DL riscrive l’art. 275, comma 2-bis, c.p.p. il quale, nella sua originaria formulazione, impediva la custodia cautelare nel caso in cui il giudice avesse ritenuto che con la sentenza poteva essere concessa la sospensione condizionale della pena. Il nuovo comma 2-bis oltre a estendere anche agli arresti domiciliari il divieto di disporre la custodia cautelare in carcere nel caso in cui il giudice ritenga che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena; introduce il divieto di applicazione della sola custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni.
Proprio sul secondo divieto è intervenuto il legislatore parlamentare prevedendo delle deroghe.
In seguito alle modifiche approvate in sede di conversione si stabilisce, infatti, che - nonostante la citata prognosi di pena massima triennale - sia possibile adottare la custodia in carcere nel caso di procedimenti per uno specifico catalogo di delitti di grave allarme sociale ovvero: quelli per cui l'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario non consente la concessione di benefici carcerari (si tratta di reati particolarmente gravi tra cui associazione mafiosa, terrorismo, omicidio, sequestro di persona a scopo di estorsione, reati associativi finalizzati al traffico di droga e di tabacchi, riduzione in schiavitu, tratta di persone, violenza sessuale semplice e di gruppo) nonché incendio boschivo (art. 423-bis c.p.), maltrattamenti di familiari e conviventi (art. 572 c.p.), atti persecutori, cd. stalking (art. 612-bis c.p.), furto in abitazione e furto con strappo (art. 624-bis c.p.).
Ulteriore deroga che consente il ricorso alla custodia cautelare in carcere riguarda l'ipotesi in cui, valutata come inadeguata ogni altra misura, il giudice non possa disporre gli arresti domiciliari per mancata disponibilità di uno dei luoghi di esecuzione della misura (un'abitazione o altro luogo di privata dimora ovvero un luogo pubblico di cura e assistenza o una casa famiglia protetta). Tramite la salvaguardia dell'applicabilità dell'art. 276, comma 1-ter, c.p.p., è, poi consentita comunque l'applicazione in via sostitutiva della custodia cautelare a seguito della revoca degli arresti domiciliari in caso di trasgressione delle prescrizioni connesse. Analoga clausola di salvaguardia è prevista in relazione all'art. 280, comma 3, c.p.p., che sancisce l'inapplicabilità dei limiti di applicazione della custodia cautelare in carcere previsti dal comma 2 - ovvero la limitazione ai soli delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni e per il delitto di finanziamento illecito dei partiti - nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare.
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