Con la decisione n. 185 del 2020, la Corte costituzionale ha ordinato la restituzione degli atti al Magistrato di sorveglianza di Spoleto, il quale aveva sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, co. 2, e 111, co. 2, Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, D.L. 10 maggio 2020, n. 29 (c.d. decreto “antiscarcerazioni”, recante misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell’esecuzione della pena, nonché in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19), nella parte in cui prevede che il magistrato o il tribunale di sorveglianza, quando abbiano ammesso alla detenzione domiciliare o al differimento della pena per motivi legati all’emergenza sanitaria da COVID-19 i condannati e gli internati per una serie di gravi reati, debbano procedere alla valutazione della permanenza di tali motivi entro il termine di quindici giorni dall’adozione del provvedimento, e successivamente a cadenza mensile, acquisito il parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui è stato commesso il reato (e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati e internati già sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis ord. penit.) nonché una serie di informazioni da parte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dell’autorità sanitaria regionale.
La Consulta ha rilevato che l’art. 1, co. 3, L. 25 giugno 2020, n. 70 ha abrogato la disposizione censurata, il cui contenuto è stato trasfuso nell’art. 2-bis, D.L. 30 aprile 2020, n. 28, come convertito nella medesima legge n. 70 del 2020. In particolare, il nuovo art. 2-bis, d.l. n. 28 del 2020, oltre a riprodurre la disciplina censurata, la integra, prevedendo altri due commi. Il comma 4 dell’art. 2-bis prevede, tra l’altro, che «nel caso in cui il magistrato di sorveglianza abbia disposto la revoca della detenzione domiciliare o del differimento della pena adottati in via provvisoria, il tribunale di sorveglianza decide sull’ammissione alla detenzione domiciliare o sul differimento della pena entro trenta giorni dalla ricezione del provvedimento di revoca, anche in deroga al termine previsto dall’articolo 47, co. 4, l. 26 luglio 1975, n. 354. Se la decisione del tribunale non interviene nel termine prescritto, il provvedimento di revoca perde efficacia»; secondo quanto previsto poi dal comma 5, la predetta disciplina è applicabile a tutti i provvedimenti di revoca già adottati dal magistrato di sorveglianza alla data di entrata in vigore della legge di conversione e a partire dal 23 febbraio 2020.
Pertanto – come ha sottolineato la Corte – per effetto della legge di conversione n. 70 del 2020, il provvedimento del tribunale di sorveglianza relativo alla istanza di scarcerazione è emesso all’esito di un procedimento disciplinato nelle forme dell’incidente di esecuzione (art. 666 c.p.p., richiamato dall’art. 678, co. 1, c.p.p.), e dunque di un procedimento in cui la difesa ha pieno accesso agli atti e ha la possibilità di interloquire in condizioni di parità nell’udienza all’uopo fissata.
Secondo la Corte, pur rimanendo immutata la rilevanza della questione, la modifiche introdotte dalla l. n. 70 del 2020, che mirano a una più intensa tutela del diritto di difesa del condannato, cui è ora garantita una piena partecipazione al procedimento avanti il tribunale di sorveglianza nel termine perentorio di trenta giorni decorrenti dal provvedimento di revoca, appaiono orientate nella stessa direzione dell’ordinanza di rimessione, con un effetto che potrebbe essere ritenuto suscettibile di ridimensionare o di emendare i vizi denunciati dal rimettente. Non spetta, tuttavia, al Giudice delle leggi, bensì al giudice rimettente la valutazione in concreto dell’incidenza di tali modifiche in riferimento alla non manifesta infondatezza delle questioni sollevate.
La Consulta ha dunque restituito gli atti al Magistrato di sorveglianza di Spoleto, per verificare se, alla luce del mutato quadro normativo determinatosi per effetto dello ius superveniens di cui alla legge n. 70 del 2020, le questioni di legittimità costituzionale sollevate siano ancora non manifestamente infondate.
Merita rilevare come il giudice di Spoleto abbia prontamente adempiuto alle indicazioni della Corte costituzionale, ritenendo che, anche dopo la legge di conversione n. 70 del 2020, l’art. 2-bis, d.l. n. 28 del 2020 presenterebbe profili di incompatibilità costituzionale con gli artt. 3, 24, co. 2, e 111, co. 2, Cost. (Mag. sorv. Spoleto, ord. 18 agosto 2020, n. 1899). Il Giudice delle leggi dovrà quindi esaminare una ulteriore questione di legittimità costituzionale sulla disciplina del decreto legge n. 28 del 2020 concernente le scarcerazioni legate all’emergenza coronavirus.