La sottile linea rossa tra corruzione e abuso sessuale: il fenomeno della sextortion
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Ricevuto: 07 May 2024
| Accettato: 01 July 2024
| Pubblicato: 02 July 2024
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Riassunto
Lo scritto propone una riflessione su di un fenomeno criminale in crescente espansione, la cosiddetta sextortion, ossia quella «forma di corruzione in cui il sesso, piuttosto che il denaro, è la valuta della tangente». Essa si pone al crocevia tra i reati afferenti alla macro-categoria della corruzione e quelli riferibili all’abuso sessuale: difatti, se da una parte concorrono l’abuso di autorità e l’elemento del quid pro quo, dall’altra la sextortion comporta un’attività sessuale indesiderata. Tuttavia, la sextortion non rappresenta pienamente una forma di corruzione poiché coloro che forniscono la prestazione sessuale non ottengono un beneficio effettivo, ma piuttosto la possibilità di evitare uno svantaggio o di ottenere un servizio/trattamento di cui si aveva già il diritto di beneficiare. Analogamente, il fenomeno non rappre- senta pienamente una forma di abuso sessuale, non solo per l’assenza dell’elemento della violenza o della minaccia, ma altresì perché il consenso alla prestazione sessuale è determinato da una coercizione psicologica che si comprende solo alla luce dello squilibrio di potere tra gli autori e le loro vittime, tra coloro che possono disporre di un diritto altrui e coloro che dipendono dal modo in cui il potere è esercitato. Una tale ibridazione dei profili criminologici solleva non poche difficoltà, a partire dall’inquadramento della fattispecie e relativo trattamento sanzionatorio, tanto che alcuni ordinamenti hanno convenuto sulla necessità di agire legislativamente per arginare il rischio di vuoti di tutela. Alla luce di ciò, il contributo si sofferma sugli approdi interpretativi raggiunti dalla giurisprudenza italiana, la quale si pone come esempio virtuoso di elaborazione capace di scongiurare vuoti di tutela derivanti da fenomeni particolarmente opachi (borderline) ma non per questo meno pregiudizievoli e diffusi.
The paper proposes a reflection on a growing criminal phenomenon, the so-called sextortion, i.e., that ‘form of corruption in which sex, rather than money, is the currency of the bribe’. It stands at the crossroads between offenses related to the macro-category of bribery and those related to sexual abuse: indeed, while on the one hand, there is an abuse of authority and the element of quid pro quo, on the other hand, sextortion involves unwanted sexual activity. However, sextortion does not fully represent a form of bribery since those who provide the sexual service do not obtain an actual benefit, but rather the opportunity to avoid a disadvantage or to obtain a service/treatment from which one was already entitled to benefit. Similarly, the phenomenon does not fully represent a form of sexual abuse, not only because of the absence of the element of violence or threat, but also because the consent to sexual performance is determined by psychological coercion that can only be understood in the light of the imbalance of power between the perpetrators and their victims, between those who can dispose of another’s right and those who depend on how power is exercised. Such a hybridization of criminological profiles raises not a few difficulties, starting with the framing of the case and its sanctioning treatment, so much so that some jurisdictions have agreed on the need to act legislatively to stem the risk of protection gaps. In light of this, the contribution dwells on the interpretative approaches reached by Italian jurisprudence, which stands as a virtuous example of elaboration capable of averting gaps in protection arising from particularly opaque phenomena (borderline) but no less prejudicial and widespread.
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