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La Corte costituzionale ha ordinato la restituzione degli atti al Tribunale ordinario di Bari, dopo che lo stesso aveva sollevato, in riferimento agli artt. 3, 13, co. 1, e 27, co. 2, Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 275, co. 3, II per., c.p.p., come modificato dall’art. 2, d.l. 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori), convertito, con modificazioni, dalla l. 23 aprile 2009, n. 38, nella parte in cui – nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, di cui all’art. 260, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – tale disposizione non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.
La Consulta ha rilevato che, successivamente alle ordinanze di rimessione, è intervenuta la legge 16 aprile 2015, n. 47, il cui art. 4, co. 1, ha modificato la norma censurata in senso pienamente conforme al petitum del giudice rimettente. La novella del 2015 ha, infatti, previsto, con riferimento al reato di cui all’art. 260, d.lgs. n. 152 del 2006 (evocato tramite il rinvio alla disposizione processuale dell’art. 51, co. 3-bis, c.p.p.) una presunzione meramente relativa, stabilendo che possono essere applicate misure cautelari personali alternative alla custodia cautelare in carcere quando vi sono elementi da cui risulta la loro sufficienza a soddisfare le esigenze cautelari.
Conformemente a quanto è già avvenuto per una questione similare (ord. n. 190 del 2015, concernente il trattamento cautelare del delitto di cui all’art. 416, co. 6, c.p.), la Corte costituzionale ha quindi disposto la restituzione degli atti al giudice a quo, per una nuova valutazione in ordine alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza della questione alla luce del mutato quadro normativo.
A.C.