Pubblicato in: Giurisprudenza Costituzionale

Misure cautelari/Giudice incompetente – Corte cost., n. 214 del 2018

Corte cost

Misure cautelari/Giudice incompetente
di A. Capitta

La Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 27 e 292, co. 2, lett. c), c.p.p., sollevate, in riferimento agli artt. 13, co. 2, 25, co. 1, e 111, co. 6, Cost, dal Tribunale ordinario di Brescia, nell’interpretazione fornita dalla sentenza di annullamento con rinvio della Corte di cassazione e, segnatamente, nella parte in cui «consentono al giudice competente di “motivare facendo rinvio alle valutazioni già espresse dal precedente giudice, dichiaratosi incompetente, su tutti i presupposti per la adozione del titolo restrittivo”».
La Consulta ha rilevato come il Tribunale rimettente non fosse più chiamato a fare applicazione delle disposizioni censurate – avendo la Corte di cassazione ormai escluso in via definitiva la nullità dell’ordinanza cautelare per difetto dell’autonoma valutazione nella motivazione e disponendo la restituzione degli atti al Tribunale del riesame di Brescia per la trattazione del merito della regiudicanda cautelare – con conseguente irrilevanza nel giudizio a quo delle questioni di legittimità costituzionale prospettate. In ogni caso, anche a non voler considerare il suddetto decisivo rilievo, la Corte costituzionale ha ritenuto che le censure proposte dal rimettente si risolvevano nella rivendicazione di un sindacato del giudice del rinvio su (presunti) errores in iudicando ed in procedendo della Corte di cassazione: sindacato da ritenere peraltro incompatibile con il sistema delle impugnazioni, anche nel suo “volto costituzionale”. Di conseguenza – secondo il Giudice delle leggi – le questioni sollevate dal Tribunale del riesame di Brescia hanno comportato una inammissibile richiesta alla Corte costituzionale di operare una sorta di “revisione in grado ulteriore” della sentenza di Cassazione che aveva dato origine al giudizio a quo, e cioè di svolgere un ruolo di giudice dell’impugnazione, che ovviamente alla Corte non compete.