Misure di sicurezza/Libertà vigilata – Corte cost., n. 250 del 2018 (A. Capitta) La Corte costituzionale ha dichiarato: 1) la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 676, co. 1, e 679, co. 1, c.p.p., sollevata, in riferimento all’art. 3 Cost., dal Magistrato di sorveglianza di Napoli; 2) la non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 231, co. 2, c.p., sollevate, in riferimento agli artt. 13, co. 1 e 2, e 24, co. 2, Cost., dal Magistrato di sorveglianza di Napoli. Con riguardo alla prima questione, la Consulta ha rilevato che l’intervento richiesto dal rimettente, teso a riconoscere la competenza a disporre la confisca anche in capo al magistrato di sorveglianza, sia pure ai fini dell’aggravamento della libertà vigilata, assumerebbe il carattere di una “novità di sistema” e risulterebbe collocato al di fuori dell’area del sindacato di legittimità costituzionale. La definizione del complessivo criterio di competenza in base al quale il magistrato di sorveglianza decide su ogni misura di sicurezza ad esclusione della confisca rientra, piuttosto, nella discrezionalità del legislatore, che, nella fattispecie, è stata esercitata – secondo la Corte – in modo del tutto coerente e immune da difetti di ragionevolezza. La declaratoria di non fondatezza delle questioni concernenti l’art. 231, co. 2, c.p. si basa su una interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione oggetto di censura. Come ha precisato la Corte costituzionale, la facoltà, prevista dal secondo comma dell’art. 231 c.p., del giudice di adottare la misura di sicurezza detentiva è condizionata al rispetto del seguente principio: solo dopo aver escluso l’idoneità di ogni altra misura di sicurezza non detentiva, il giudice, sul presupposto della perdurante pericolosità sociale del sottoposto alla misura, «può» – non già deve – sostituire la libertà vigilata con l’assegnazione alla casa di lavoro o alla colonia agricola. Emerge, quindi, in modo netto la residualità della misura di sicurezza detentiva quale extrema ratio. Così interpretata la disposizione censurata – ha concluso il Giudice delle leggi – le conseguenze dell’aggravamento della misura di sicurezza della libertà vigilata, in caso di trasgressione ripetuta o «di particolare gravità» degli obblighi imposti, si declinano secondo un criterio di progressività e proporzionalità, che vede come residuale, dopo la possibile ripetuta adozione della stessa misura con prescrizioni maggiormente restrittive, la possibilità dell’assegnazione a una casa di lavoro o a una colonia agricola, sì da non recare offesa all’inviolabilità della libertà personale di chi a essa è assoggettato (art. 13, co. 1 e 2, Cost.) e senza altresì incidere sul diritto di difesa di quest’ultimo (art. 24 Cost.).