Pubblicato in: Giurisprudenza Costituzionale

Ne bis in idem – Corte cost. n. 43 del 2018

Corte costituzionale

La Corte costituzionale ha ordinato la restituzione degli atti al Tribunale ordinario di Monza, dopo che lo stesso aveva sollevato, in riferimento all’art. 117, co. 1, Cost., in relazione all’art. 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU, una questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p., nella parte in cui tale disposizione non prevede l’applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti dell’imputato al quale, con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell’ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione di carattere sostanzialmente penale ai sensi della CEDU e dei relativi Protocolli.
La Consulta ha rilevato che, a seguito della sentenza A e B contro Norvegia (Corte EDU, Grande Camera, 15 novembre 2016, A e B c. Norvegia), i presupposti intorno ai quali è stata costruita dal rimettente la questione di legittimità costituzionale sono venuti meno. La Corte EDU ha infatti enunciato il principio di diritto secondo cui il ne bis in idem non opera quando i procedimenti sono avvinti da un legame materiale e temporale sufficientemente stretto («sufficiently closely connected in substance and in time»), attribuendo a questo requisito tratti del tutto nuovi rispetto a quelli che emergevano dalla precedente giurisprudenza. Si è passati – come ha evidenziato il Giudice delle leggi – dal divieto imposto agli Stati aderenti di configurare per lo stesso fatto illecito due procedimenti che si concludono indipendentemente l’uno dall’altro, alla facoltà di coordinare nel tempo e nell’oggetto tali procedimenti, in modo che essi possano reputarsi nella sostanza come preordinati a un’unica, prevedibile e non sproporzionata risposta punitiva, avuto specialmente riguardo alla entità della pena, in senso convenzionale, complessivamente irrogata.
Questa svolta giurisprudenziale è stata ritenuta dalla Corte costituzionale potenzialmente produttiva di effetti con riguardo al rapporto tra procedimento tributario e procedimento penale. In precedenza, l’autonomia dell’uno rispetto all’altro escludeva in radice che essi potessero sottrarsi al divieto di bis in idem. Oggi vi è la possibilità che in concreto gli stessi siano ritenuti sufficientemente connessi, in modo da far escludere l’applicazione del divieto di bis in idem, come testimonia la stessa sentenza A e B c. Norvegia, che proprio a tali procedimenti si riferisce.
La Consulta ha, pertanto, concluso in questi termini: il mutamento del significato della normativa interposta, sopravvenuto all’ordinanza di rimessione per effetto di una pronuncia della Grande Camera della Corte di Strasburgo che esprime il diritto vivente europeo, comporta la restituzione degli atti al giudice a quo, ai fini di una nuova valutazione sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale (ord. cost. n. 150 del 2012).
Se infatti – ha aggiunto la Corte – il giudice a quo ritenesse che il giudizio penale è legato temporalmente e materialmente al procedimento tributario al punto da non costituire un bis in idem convenzionale, non vi sarebbe necessità ai fini del giudizio principale di introdurre nell’ordinamento, incidendo sull’art. 649 c.p.p., alcuna regola che imponga di non procedere nuovamente per il medesimo fatto.
(A. Capitta)