Pubblicato in: Giurisprudenza Costituzionale

Nuova contestazione in dibattimento di reati connessi e messa alla prova – Corte cost., n. 146 del 2022

Anna Maria Capitta

Con la sentenza n. 146 del 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 517 c.p.p., nella parte in cui non prevede, in seguito alla contestazione di reati connessi a norma dell’art. 12, co. 1, lett. b), c.p.p., la facoltà dell’imputato di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova, con riferimento a tutti i reati contestatigli.
La decisione qui pubblicata si pone all’interno di un lungo percorso di riallineamento alla Costituzione della disciplina codicistica delle nuove contestazioni, aggiungendo un ulteriore tassello a questa opera di ricostruzione normativa. Il tema dei rapporti tra nuove contestazioni dibattimentali e diritto dell’imputato di richiedere in quella sede un rito alternativo ha, infatti, formato oggetto di plurimi interventi da parte della Consulta, contrassegnati da una linea evolutiva ispirata a una sempre maggiore apertura, allo scopo di favorire una più ampia tutela del diritto di difesa, principio supremo dell’ordinamento costituzionale. In particolare, con tali pronunce si è dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 516 e 517 c.p.p. nella parte in cui non consentono all’imputato l’accesso a riti alternativi nell’ipotesi di nuove contestazioni, superando progressivamente l’originaria distinzione tra nuove contestazioni dibattimentali cosiddette “patologiche” e nuove contestazioni “fisiologiche” (sul punto, v. sent. cost. n. 82 del 2019, n. 141 del 2018, n. 206 del 2017, n. 273 del 2014 e n. 237 del 2012).
Quanto alla sospensione del procedimento con messa alla prova, che forma oggetto della presente questione, essa può essere richiesta a fronte della nuova contestazione di un fatto diverso ex art. 516 c.p.p. (sent. cost. n. 14 del 2020) e di una circostanza aggravante ai sensi dell’art. 517 c.p.p. (sent. cost. n. 141 del 2018). Tuttavia, la stessa non può essere richiesta in relazione alla nuova contestazione in dibattimento di reati connessi ex art. 517 c.p.p.: il rimettente ha appuntato le sue doglianze proprio su quest’ultima superstite preclusione.
Ad avviso della Corte, i principi espressi nelle pronunce sopra menzionate impongono che anche tale residua preclusione – ponendosi in contrasto sia con l’art. 24 Cost., che con l’art. 3 Cost. – sia rimossa, con conseguente restituzione dell’imputato nel diritto di esercitare le proprie scelte difensive, ivi compresa la richiesta di messa alla prova.
Infatti, in primo luogo, fatto diverso e reato connesso, entrambi emersi per la prima volta in dibattimento, integrano evenienze processuali che, sul versante dell’accesso ai riti alternativi, non possono non rappresentare situazioni fra loro del tutto analoghe (sent. cost. n. 82 del 2019, in tema di patteggiamento). Dunque, anche rispetto all’ipotesi di nuove contestazioni di reati connessi dovrà riconoscersi all’imputato la facoltà di chiedere la messa alla prova, che la sentenza n. 14 del 2020 ha già esteso all’ipotesi di contestazione di un fatto diverso (cfr., volendo, CAPITTA, Modifica della imputazione e messa alla prova – Corte cost., n. 14 del 2020, in questa Rivista online, 2020).
In secondo luogo, non osta la circostanza che la messa alla prova verrebbe in questo caso a essere concessa non in relazione a un unico reato, bensì a più reati in concorso fra loro. Infatti, come ha sottolineato la Consulta, diversamente da quanto accade nel rito abbreviato, nella messa alla prova convivono un’anima processuale e una sostanziale: proprio la sua accentuata vocazione risocializzante si oppone alla possibilità di una messa alla prova “parziale”, ossia relativa ad alcuni soltanto dei reati contestati. L’imputato dovrà perciò essere rimesso in condizione di optare per la messa alla prova anche con riferimento alle imputazioni originarie, intraprendendo così quel percorso al quale avrebbe potuto orientarsi sin dall’inizio. Del resto – ha concluso il Giudice delle leggi – questa scelta dell’imputato non esclude che l’istituto conservi la propria fisiologica funzione deflattiva anche in questa ipotesi, determinando comunque l’interruzione del processo e l’estinzione del reato nel caso di esito positivo della messa alla prova.