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La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12-sexies, l. 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), aggiunto dall’art. 21, l. 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), nella parte in cui – nel disporre che «Al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno dovuto a norma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall’art. 570 del codice penale» – non stabilisce, per tale reato, la procedibilità a querela, sollevata, in riferimento all’art. 3 Cost., dal Tribunale ordinario di Verona con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Secondo il rimettente, il regime di procedibilità (officiosa) del reato di omessa corresponsione dell'assegno divorzile – differente rispetto a quello (a querela) della fattispecie disciplinata dall'art. 570, co. 1, c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare) – apparirebbe privo di ogni razionale giustificazione. Secondo la Corte, la tesi prospettata dal giudice a quo non può essere seguita. Permangono, infatti, tra le fattispecie in comparazione elementi differenziali, tali da non rendere “automatica”, sul piano dell’esigenza di ripristino del principio di eguaglianza, la richiesta estensione del regime di perseguibilità a querela alla figura criminosa prevista dalla legge speciale. Diversamente dall’art. 570, co. 1, c.p. – rileva il Giudice delle leggi – l’art. 12-sexies, l. n. 898 del 1970 richiede l’inosservanza di uno specifico provvedimento giurisdizionale, che abbia disposto a carico del coniuge divorziato l’obbligo di corrispondere l’assegno.
A.C.