Pubblicato in: Giurisprudenza Costituzionale

Omesso versamento di ritenute certificate – Corte cost., (ord.) n. 14 del 2016

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La Corte costituzionale ha ordinato la restituzione degli atti ai Tribunali ordinari di Cosenza e di Lecco e al G.i.p. del Tribunale ordinario di Milano, dopo che gli stessi avevano sollevato, in riferimento all’art. 3 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10-bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’art. 9 della l. 25 giugno 1999, n. 205), aggiunto dall’art. 1, co. 414, della l. 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», nella parte in cui la disposizione censurata, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso versamento delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per un ammontare superiore ad euro 50.000 per ciascun periodo d’imposta, anziché ad euro 103.291,38.


Il Giudice delle leggi ha affermato che, successivamente alle ordinanze di rimessione, è intervenuto il d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’art. 8, co. 1, della l. 11 marzo 2014, n. 23), il quale ha apportato un ampio complesso di modifiche al sistema sanzionatorio tributario. Tra queste modifiche vi è pure quella che ha investito la norma censurata. L’art. 7 del citato d.lgs., infatti, da un lato ha stabilito che le ritenute, il cui omesso versamento assume rilievo penale, possano risultare, oltre che dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, anche dalla dichiarazione di sostituto d’imposta (donde il nuovo nomen iuris del reato, risultante dalla rubrica, di «Omesso versamento di ritenute dovute o certificate»); dall’altro, ha innalzato la soglia di punibilità dell’illecito dai precedenti 50.000 euro a 150.000 euro per ciascun periodo di imposta: dunque, ad un importo più elevato di quello che i giudici rimettenti hanno chiesto alla Corte di introdurre, quanto ai fatti antecedenti al 17 settembre 2011.


In conformità a quanto già deciso con riguardo a similari questioni (ord. n. 256 del 2015), la Consulta ha quindi disposto la restituzione degli atti ai giudici a quibus, per una nuova valutazione in ordine alla incidenza dello ius superveniens sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza delle questioni sollevate.


A.C.