Con la sentenza n. 187 del 2019, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 58-quater, co. 1, 2 e 3, L. 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui detti commi, nel loro combinato disposto, prevedono che non possa essere concessa, per la durata di tre anni, la detenzione domiciliare speciale, prevista dall’art. 47-quinquies della stessa l. n. 354 del 1975, al condannato nei cui confronti è stata disposta la revoca di una delle misure indicate nel co. 2 dello stesso art. 58-quater e ha altresì dichiarato, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale dell’art. 58-quater, co. 1, 2 e 3, l. n. 354 del 1975, nella parte in cui detti commi, nel loro combinato disposto, prevedono che non possa essere concessa, per la durata di tre anni, la detenzione domiciliare, prevista dall’art. 47-ter, co. 1, lett. a) e b), della stessa l. n. 354 del 1975, al condannato nei cui confronti è stata disposta la revoca di una delle misure indicate al co. 2 dello stesso art. 58-quater, sempre che non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti.
La Consulta ha rilevato come, alla base dell’intera giurisprudenza costituzionale relativa, da un lato, alla detenzione domiciliare “ordinaria” per esigenza di cura dei minori e, dall’altro, alla detenzione domiciliare speciale, stia il principio per cui «affinché l’interesse del minore possa restare recessivo di fronte alle esigenze di protezione della società dal crimine occorre che la sussistenza e la consistenza di queste ultime venga verificata […] in concreto […] e non già collegata ad indici presuntivi […] che precludono al giudice ogni margine di apprezzamento delle singole situazioni» (sent. cost. n. 239 del 2014).
Tale principio ha condotto la Corte a ritenere costituzionalmente illegittimo l’automatismo preclusivo derivante dal combinato disposto delle disposizioni censurate, così come interpretate dal giudice rimettente.
Il Giudice delle leggi ha esteso, in via consequenziale, la dichiarazione di illegittimità costituzionale anche al divieto – pure stabilito dal combinato disposto delle norme censurate – di concessione della detenzione domiciliare “ordinaria”, nei casi previsti dall’art. 47-ter, co. 1, lett. a) e b), ord. penit., nel triennio successivo alla revoca di una delle misure alternative elencate nel comma 2. La detenzione domiciliare “ordinaria” – ha osservato la Corte – non potrebbe infatti essere assoggettata a una disciplina deteriore rispetto a quella applicabile per condannati a pene superiori ai quattro anni, cui si rivolge la disciplina della detenzione domiciliare speciale.