Con la sentenza n. 35 del 2019, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 119, ult. parte, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), sollevata, in riferimento all’art. 2 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche, e ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale del medesimo art. 119, ult. parte, d.P.R. n. 115 del 2002, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dallo stesso TAR Marche, nella parte in cui tale disposizione non consente l’accesso al gratuito patrocinio ad un ente di volontariato – che svolga un’attività di sicuro rilievo sociale – solo in quanto soggetto esercente un’attività economica.
Nella decisione in esame, la Consulta ha sottolineato come la disciplina legislativa del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti risulti assoggettata a un regime differenziato a seconda del tipo di controversie cui il beneficio sia applicabile (cfr. sent. cost. n. 237 del 2015). Sulla scorta di precedenti sentenze della stessa Corte costituzionale, si è rilevato, in particolare, come l’ontologica diversità del processo penale rispetto alle controversie civili, amministrative, contabili, assieme alle particolari esigenze di difesa di chi subisce l’azione penale, per un verso, hanno determinato l’opportunità che, nel processo penale, sia approntato un sistema di garanzie che assicuri al meglio l’effettività del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. e, per un altro, hanno escluso che sia costituzionalmente necessario che il legislatore definisca un modello unitario per i diversi giudizi, dove vengono in gioco beni diversi dall’inviolabile libertà personale (sent. cost. n. 237 del 2015 e n. 287 del 2008).
Tenuto conto che l’area attinta dal dubbio di costituzionalità ammette un ampio spazio di riempimento da parte della discrezionalità del legislatore, la Corte ha ritenuto che tale discrezionalità sia stata esercitata, con la previsione censurata, entro i confini costituzionalmente imposti.
Infatti – ha concluso il Giudice delle leggi – non può reputarsi manifestamente irragionevole la scelta legislativa in base alla quale, in controversie civili, amministrative, contabili o tributarie, è esclusa l’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato di enti o associazioni, i quali, se pure non perseguono fini di lucro, esercitano una attività economica che – proprio perché tale – consente accantonamenti in vista, tra l’altro, proprio di eventuali contenziosi giudiziali.