Pubblicato in: Giurisprudenza Costituzionale

Patrocinio a spese dello Stato a garanzia del diritto di difesa della persona offesa non abbiente – Corte cost., n. 3 del 2020

Anna Maria Capitta

Corte cost

Con l’ordinanza n. 3 del 2020, la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 74, co. 1, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), sollevata, in riferimento all’art. 3 Cost., dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Macerata, nella parte in cui tale norma dispone che «è assicurato il patrocinio nel processo penale per la difesa del cittadino non abbiente […] persona offesa da reato» e nella parte in cui non prevede che il giudice possa valutare, in sede di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, prima della decisione sulla richiesta di archiviazione, la eventuale evidente assenza di fatti di rilevanza penale.
Secondo il giudice rimettente, la disposizione censurata sarebbe intrinsecamente irragionevole perché non consente un sindacato del giudice sul fondamento della notizia di reato e, dunque, costringerebbe lo Stato a sopportare, anche a fronte di denunce del tutto infondate, l’onere finanziario di spese di assistenza tecnica funzionali alla difesa di soggetti che – in considerazione della irrilevanza penale dei fatti – non rivestirebbero la effettiva qualità di persona offesa dal reato.
La Consulta ha sottolineato che l’iscrizione della notitia criminis non è – diversamente da quanto ritenuto dal giudice a quo – un «atto dovuto» che consegue indefettibilmente alla trasmissione alla Procura di una qualsiasi denuncia, giacché essa postula, al contrario, che il pubblico ministero abbia escluso che i fatti descritti nella notitia criminis appaiano penalmente irrilevanti. Pertanto, l’acquisizione della qualità di persona offesa non dipende solo dalla volontà del denunciante, ma avviene all’esito di una valutazione preliminare, ponderata, da parte del pubblico ministero in ordine alla identificazione di una notizia di reato.
In realtà, la qualità di persona offesa si acquista al momento della iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 c.p.p., anche ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. D’altra parte, dopo tale iscrizione, se il procedimento penale conduca alla richiesta di archiviazione, è riconosciuta alla persona offesa la possibilità di contrastare tale richiesta attraverso il rimedio dell’opposizione. Di conseguenza – ha rilevato la Corte – la norma denunciata è del tutto ragionevole e coerente con l’impianto del codice di rito, essendo preordinata ad assicurare l’effettività del diritto di difesa alla persona offesa non abbiente.
Del resto, come ha osservato il Giudice delle leggi, le facoltà e i diritti riconosciuti alla persona offesa, in particolare nella fase di opposizione alla richiesta di archiviazione, si traducono in «un’attività di supporto e di controllo dell’operato del pubblico ministero», realizzando «una sorta di contributo all’esercizio dell’azione penale» (sent. cost. n. 23 del 2015), e risultano perciò funzionali anche alla salvaguardia del principio di obbligatorietà dell’azione penale presidiato dall’art. 112 Cost. (ord. cost. n. 95 del 1998).