La Corte costituzionale ha ordinato la restituzione degli atti al Tribunale ordinario di Treviso, dopo che lo stesso aveva sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, co. 2-bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della l. 25 giugno 1999, n. 205), aggiunto dall’art. 2, co. 36-vicies semel, lettera m), del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla l. 14 settembre 2011, n. 148, nella parte in cui la disposizione censurata stabilisce che, per i delitti tributari di cui al medesimo decreto legislativo, l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. può essere chiesta dalle parti solo ove ricorra l’attenuante prevista dai co. 1 e 2 dello stesso art. 13, e, cioè, solo se i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei predetti delitti – comprensivi delle sanzioni amministrative – siano stati estinti, mediante pagamento, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. La Corte ha rilevato che, successivamente all’ordinanza di rimessione, è intervenuto il d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, co. 1, della l. 11 marzo 2014, n. 23), che ha apportato un ampio complesso di modifiche al sistema sanzionatorio tributario. L’art. 11 del citato d. lgs. ha integralmente sostituito l’art. 13 del d.lgs. n. 74 del 2000, il quale risulta attualmente dedicato alla disciplina dei casi nei quali il pagamento del debito tributario esclude in radice la punibilità del fatto. Mentre, la disposizione che condiziona l’accesso al rito speciale alla riparazione dell’offesa causata dal delitto tributario è stata trasferita nel co. 2 del nuovo art. 13-bis, d.lgs. n. 74 del 2000 (aggiunto dall’art. 12, d.lgs. n. 158 del 2015). Pur rimanendo, evidentemente, immutata la volontà del legislatore di prevedere una limitazione dell’accesso al “patteggiamento” basata sul titolo di reato, le due discipline – vecchia e nuova – differiscono tra loro, secondo la Consulta, sotto plurimi profili. Alla luce delle rilevate difformità, la Corte costituzionale ha stabilito che spetta al giudice rimettente la valutazione circa l’eventuale incidenza dello ius superveniens sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza delle questioni formulate e, pertanto, conformemente a quanto già deciso in rapporto ad analoghe questioni (ord. n. 225 del 2015), ha disposto la restituzione degli atti al giudice a quo. A.C.