Con la sentenza n. 113 del 2020, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 30-ter, co. 7, L. 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui prevede, mediante rinvio al precedente art. 30-bis ord. penit., che il provvedimento relativo ai permessi premio è soggetto a reclamo al tribunale di sorveglianza entro ventiquattro ore dalla sua comunicazione, anziché prevedere a tal fine il termine di quindici giorni.
La Consulta ha ritenuto irragionevole, in riferimento all’art. 3 Cost., la previsione di un unico termine di ventiquattro ore sia per il reclamo avverso il provvedimento relativo ai permessi “di necessità”, sia per il reclamo contro la decisione sui permessi premio, rispetto alla quale non sussistono particolari ragioni di urgenza. La Corte ha reputato, altresì, ingiustificatamente pregiudizievole rispetto all’effettività del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. il termine di ventiquattro ore, in correlazione alla necessità, per l’interessato, di articolare compiutamente nel reclamo, a pena di inammissibilità, i motivi in fatto e in diritto sui quali il tribunale di sorveglianza dovrà esercitare il proprio controllo sulla decisione del primo giudice, tenuto anche conto della oggettiva difficoltà, per lo stesso detenuto, di ottenere l’assistenza tecnica di un difensore in un così breve lasso di tempo. L’eccessiva brevità del termine per il reclamo non consente, inoltre, all’interessato di far valere efficacemente le proprie ragioni avverso una decisione su un istituto riconosciuto cruciale ai fini del trattamento (sent. cost. n. 235 del 1996). Si determina pertanto – ha precisato la Corte – un indebito ostacolo alla funzione rieducativa della pena di cui all’art. 27, co. 3, Cost., nell’eventualità di decisioni erronee del magistrato di sorveglianza, che l’interessato non abbia la possibilità di contestare efficacemente avanti al tribunale di sorveglianza.
Del resto, come rileva il Giudice delle leggi, nel sistema è già rinvenibile una soluzione idonea a eliminare il vulnus riscontrato: l’art. 35-bis, co. 4, ord. penit. prevede – nell’ambito del procedimento che disciplina il controllo giurisdizionale su tutte le decisioni che incidono sui diritti del detenuto – il termine di quindici giorni per il reclamo innanzi al tribunale di sorveglianza. Questa soluzione – ha concluso la Consulta – si presta naturalmente a essere estesa al reclamo avverso i provvedimenti del magistrato di sorveglianza concernenti i permessi premio, da presentare parimenti al tribunale di sorveglianza.