La Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 309, co. 8, e 127, co. 6, c.p.p., sollevate, in riferimento agli artt. 3, 111, co. 1, e 117, co. 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6, § 1, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dal Tribunale ordinario di Lecce, nella parte in cui tali disposizioni non consentono che il procedimento per il riesame delle misure cautelari coercitive si svolga, su richiesta dell’indagato o del ricorrente, nelle forme della pubblica udienza. La Consulta torna a pronunciarsi sulla problematica inerente alla pubblicità delle udienze, ma, in questo caso, per dichiarare infondate le censure del rimettente: il procedimento di riesame non è, infatti, omologabile – quanto all’esigenza di rispetto del principio di pubblicità – al giudizio abbreviato e al giudizio ordinario. Non vi è neppure – secondo la Corte – alcuna irragionevole disparità di trattamento dei soggetti coinvolti nel procedimento di riesame rispetto a quelli coinvolti nei procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione e di misure di sicurezza: rispetto a quei procedimenti, la Consulta aveva dichiarato costituzionalmente illegittime le relative disposizioni, nella parte in cui non consentivano che le stesse procedure si svolgessero nelle forme dell’udienza pubblica (rispettivamente, sent. n. 93 del 2010 e n. 135 del 2014), così come aveva dichiarato illegittime le disposizioni in tema di procedimento di sorveglianza (sent. n. 97 del 2015) e di procedimento di opposizione contro l’ordinanza di applicazione della confisca (sent. n. 109 del 2015). Nell’odierna decisione, invece, la Corte delle leggi ha ritenuto che, con riguardo al procedimento di riesame, non vi sia alcuna incompatibilità costituzionale da rimuovere. Non in riferimento all’art. 117, co. 1, Cost., per la ragione che la «norma interposta» ricavabile dalla CEDU, come interpretata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, destinata ad integrare il parametro costituzionale evocato, risulta essere di segno diverso da quello ipotizzato dal giudice rimettente. Infatti, secondo la Corte di Strasburgo, l’art. 5, § 4, CEDU, pur richiedendo un’udienza per il riesame della legalità della carcerazione preventiva, non richiede, come regola generale, che detta udienza sia pubblica (il "leading case" risale al 2005: Corte eur., sent. 15 novembre 2005, Reinprecht c. Austria). Ciò, in quanto il requisito della pubblicità non rientra nel “nocciolo duro” delle garanzie inerenti alla nozione di «equità», nello specifico contesto dei procedimenti in materia di detenzione, la disciplina dei quali si pone in rapporto di specialità rispetto all’art. 6, § 1, CEDU. Egualmente infondata è stata ritenuta la censura di violazione dell’art. 111, co. 1, Cost., per contrasto con i principi del «giusto processo». La Costituzione, infatti, non impone in modo indefettibile la pubblicità di ogni tipo di procedimento giudiziario e di ogni fase di esso. Nella specie, si tratta di un procedimento incidentale, non inerente al merito della pretesa punitiva, preminentemente cartolare, che pone anche problemi di tutela della segretezza degli atti di indagine. Considerate le peculiari caratteristiche di questo procedimento, il Giudice delle leggi ha concluso nel senso che, malgrado l’entità della «posta in gioco», la scelta di escludere la pubblicità delle udienze di riesame costituisce frutto di un ragionevole esercizio della discrezionalità del legislatore. A.C.