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Progetto di legge costituzionale di iniziativa popolare Equilibrio ed efficienza del sistema giudiziario. Per una Giustizia a misura d’uomo.(GU 21.06.2014)

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Fonte immagine: www.vita.it


Nella GU dello scorso 21 giugno è stato pubblicato l’annuncio della presentazione della proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare in materia di giustizia in titolo.


Si tratta di un progetto di riforma che ha la dichiarata finalità di garantire nuova centralità alla Giustizia, intesa come bene essenziale per la vita dei cittadini e per la nazione e che ha ad oggetto l'intero Titolo IV della Parte II della Carta costituzionale.


L'intento riformatore- che emerge in tutta la sua evidenza nella modifica della stessa rubrica del Titolo IV della Costituzione,  rinominata  “La Giustizia” in luogo di “La Magistratura”, interviene in primo luogo sull’articolo 104 della Costituzione, stigmatizzando la diversità delle funzioni giudiziarie e la conseguente separazione in senso proprio delle carriere dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero.  A corollario di tale modifica la proposta di legge ridefinisce  l'assetto degli organismi di autogoverno della magistratura attribuendo le funzioni attualmente svolte dal Consiglio Superiore della magistratura a tre diversi organismi, di nuova istituzione: il Consiglio superiore della magistratura giudicante, il Consiglio superiore della magistratura requirente e la Corte di disciplina. Ai due Consigli superiori sono attribuiti, in modo separato, i compiti attinenti alla carriera dei giudici e dei pubblici ministeri: assunzioni, assegnazioni, trasferimenti e promozioni. Ad essi, è, invece, sottratta la funzione disciplinare, la quale è affidata a una Corte di disciplina, di nuova istituzione.


L'intervento riformatore si sostanzia poi in un ampliamento delle competenze spettanti, ai sensi dell’articolo 110 della Costituzione, al Ministro della giustizia, al quale, oltre ad essere riconosciuta la funzione ispettiva è attribuito il compito di predisporre, annualmente, una relazione alle Camere sullo stato della giustizia, sull’esercizio dell’azione penale e sull’uso dei mezzi di indagine.


Ulteriore elemento di discontinuità è rappresentato dalla nuova configurazione della magistratura inquirente anche sul piano lessicale: il pubblico ministero viene, infatti, definito come “ufficio”.  Con la finalità di rendere compatibile il principio di obbligatorietà con gli obiettivi di politica criminale la proposta di legge riscrive l'articolo 112 della Costituzione stabilendo che, ferma l’obbligatorietà dell’azione penale, essa è regolata da criteri stabiliti dalla legge.


E’ altresì ridefinito il rapporto tra polizia giudiziaria alla quale è riconosciuta piena autonomia nell’attività di “preinvestigazione”, e autorità giudiziaria alla quale restano riservate le attività di carattere processuale relative alla valutazione dei risultati dell’investigazione, alle richieste da presentare al giudice, all’esercizio dell’azione penale, alla funzione di accusa nel dibattimento.


Sempre con riguardo all'ordinamento giurisdizionale sono ampliate le possibilità di reclutamento elettivo della magistratura onoraria, previste nell’articolo 106 della Costituzione, consentendolo per tutti gli uffici e non soltanto per quello del giudice singolo.


Al fine di contemperare la tradizionale garanzia di inamovibilità con l’obbligo di fronteggiare eventuali situazioni di eccezionale difficoltà organizzativa che potrebbero compromettere localmente l’effettività della funzione giudiziaria, il disegno di legge riconosce ai Consigli superiori in caso di eccezionali esigenze relative all’organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, la facoltà di derogare al principio di inamovibilità destinando ad altre sedi sia i giudici che i pubblici ministeri.


Significativo è poi l'intervento sull'articolo 111 della Costituzione, il quale si sostanzia, da un lato, nel riconoscimento del diritto a un doppio grado di giudizio in materia penale in favore di chi venga dichiarato colpevole e, dall'altro, nella possibilità di limitare il diritto di appellare le sentenze di condanna soltanto attraverso una legge e soltanto qualora la natura del reato, della pena o della decisione  giustifichino una deroga al principio generale.


Da ultimo la proposta di legge introduce nel Titolo IV della Costituzione una nuova sezione II-bis, in materia di responsabilità civile dei magistrati.