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1) l’illegittimità costituzionale parziale dell’art. 2, co. 2-bis, legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’art. 375 c.p.c.), per violazione dell’art. 117, co. 1, Cost. in relazione all'art. 6 CEDU, nella parte in cui tale disposizione prevede che il processo penale si considera iniziato con l’assunzione della qualità di imputato, ovvero quando l’indagato ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari, anziché quando l’indagato, in seguito a un atto dell’autorità giudiziaria, ha avuto conoscenza del procedimento penale a suo carico;
2) l'inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, co. 2-quater, legge n. 89 del 2001, nella parte in cui sottrae al computo della durata del processo i periodi di sospensione che non siano riconducibili alle parti, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 111 e 117, co. 1, Cost., dalla Corte d’appello di Firenze, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Nella sentenza di illegittimità costituzionale qui pubblicata, la Consulta ha richiamato la giurisprudenza consolidata della Corte europea, secondo cui dall’art. 6 CEDU si ricava la regola che impone, ai fini dell’indennizzo conseguente all’inosservanza del termine di ragionevole durata del processo penale, di tenere conto del periodo che segue la comunicazione ufficiale, proveniente dall’autorità competente, dell’accusa di avere commesso un reato. Questo approdo ermeneutico è stato ritenuto dal Giudice delle leggi del tutto consono alle finalità perseguite dal giudizio di riparazione e sollecitate dall’osservanza del canone del giusto processo in ambito convenzionale.
A.C.