Con la sentenza n. 76 del 2019, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 318-septies, co. 3, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), sollevata, in riferimento all’art. 3 Cost., dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Cuneo, nella parte in cui tale disposizione prevede che l’adempimento tardivo, ma comunque avvenuto in un tempo congruo a norma dell’art. 318-quater, co. 1, cod. ambiente, ovvero l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall’organo di vigilanza, sono valutati ai fini dell’applicazione dell’art. 162-bis c.p., e determinano una riduzione della somma da versare alla metà del massimo dell’ammenda prevista per il reato in contestazione, anziché a un quarto del medesimo ammontare massimo, come invece disposto in fattispecie analoga, in caso di contravvenzione alle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro, dall’art. 24, co. 3, D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 (Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro).
La norma censurata disciplina l’istituto del c.d. adempimento tardivo, con l’obiettivo di ottenere – come ha osservato la Corte – un effetto deflattivo dei processi per reati ambientali e di incentivare, al contempo, l’adeguamento degli impianti inquinanti anche mediante l’adempimento, seppur tardivo, delle prescrizioni a tal fine impartite dall’organo di vigilanza.
La Consulta ha ritenuto che l’aver previsto in materia ambientale una somma più elevata per l’oblazione delle contravvenzioni, rispetto a quella prevista per le contravvenzioni in materia di sicurezza del lavoro, non dà luogo a una ingiustificabile incongruenza, trattandosi, piuttosto, di una soluzione parametrata al maggior grado di intensità con cui il legislatore ha inteso modulare la tutela dell’ambiente.
Inoltre, il giudice rimettente ha lamentato che la disposizione censurata risulterebbe sostanzialmente inutile, in quanto ripetitiva della disciplina generale di cui all’art. 162-bis, co. 3, c.p. Al riguardo, la Corte costituzionale ha precisato come la circostanza che una norma di settore preveda una disciplina analoga a quella generale non costituisca un indice idoneo a fondare di per sé una censura di illegittimità costituzionale per irragionevolezza. In ogni caso – ha rilevato il Giudice delle leggi – il contravventore, ammesso a pagare, a titolo di oblazione, la somma comunque ridotta rispetto all’ammenda stabilita per legge, beneficia dell’estinzione del reato come trattamento premiale della condotta ripristinatoria o riparatoria tenuta dopo la commissione del fatto contestato.
Per queste ragioni, la Corte ha dichiarato la questione non fondata.