Con l’ordinanza n. 18 del 2024, depositata il 15 febbraio 2024, la Corte costituzionale ha esaminato le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di sorveglianza di Firenze relative al c.d. regime ostativo e ha ordinato la restituzione degli atti al giudice a quo, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, nella L. 30 dicembre 2022, n. 199, che ha inciso immediatamente sulle disposizioni oggetto del giudizio di legittimità costituzionale. Spetterà, pertanto, al rimettente valutare la portata applicativa dello ius superveniens nel giudizio a quo.
Il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha dubitato, in riferimento agli artt. 3, 4 e 27, co. 3, Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, co. 1 e 1-bis, ord. penit., nella parte in cui non prevede che ai detenuti condannati per i delitti ivi contemplati possa essere concessa la semilibertà, nell’ipotesi di cui all’art. 50, co. 2, ord. penit., anche in assenza di attività di collaborazione con la giustizia ai sensi del successivo art. 58-ter ord. penit., allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere sia attuali collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, sia il pericolo del loro ripristino, e il programma di trattamento sia sufficientemente avanzato.
La Consulta ha affermato che la nuova disciplina contenuta nel d.l. n. 162 del 2022, come convertito – il quale prevede l’integrale sostituzione del co. 1-bis dell’art. 4-bis ord. penit. e l’aggiunta di tre nuovi commi (1-bis.1, 1-bis.1.1 e 1-bis.2) – trasforma da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici e delle misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti, che vengono ora ammessi alla possibilità di farne istanza, sebbene in presenza di stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo (nello stesso senso, v. ord. cost., n. 31 e n. 30 del 2023; n. 227 del 2022).
In particolare, i benefici possono essere concessi ai detenuti e agli internati per delitti di contesto mafioso e, in generale, di tipo associativo, purché costoro dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento, nonché alleghino elementi specifici – diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza – che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile, nonché, ancora, della sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa (art. 4-bis, co. 1-bis, ord. penit.).
La Corte ha ricordato che ai detenuti per i restanti reati indicati dal co. 1 dell’art. 4-bis ord. penit. si richiede il rispetto delle medesime condizioni, depurate, tuttavia, da indicazioni non coerenti con la natura dei reati che vengono in rilievo, sicché la richiesta allegazione deve avere ad oggetto elementi idonei a escludere l’attualità dei collegamenti con il contesto nel quale il reato è stato commesso, ma non anche il pericolo di ripristino dei collegamenti con tale contesto (art. 4-bis, co. 1-bis.1, ord. penit.).
Inoltre, il d.l. n. 162 del 2022, come convertito, prevede l’ampliamento delle fonti di conoscenza a disposizione della magistratura di sorveglianza e la modifica del relativo procedimento, nonché l’onere in capo al detenuto di fornire idonei elementi di prova contraria in caso di indizi, emergenti dall’istruttoria, dell’attuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato è stato commesso, ovvero del pericolo di loro ripristino (cfr. art. 4-bis, co. 2, ord. penit.).
La nuova normativa ha, dunque, dato luogo a una modifica complessiva della disciplina interessata dalle questioni di legittimità costituzionale, modifica incidente immediatamente sul nucleo essenziale delle questioni medesime. Per questo, la Consulta ha ritenuto necessario restituire gli atti al giudice a quo. Spetta, quindi, a quest’ultimo sia verificare l’influenza della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate, sia procedere alla rivalutazione della loro non manifesta infondatezza (cfr., ord. cost., n. 199, n. 72, n. 31 e n. 30 del 2023; n. 231 e n. 227 del 2022).
Si può rilevare che la Corte costituzionale si era già pronunciata su questioni relative all’art. 4-bis, co. 1, ord. penit., ritenendo ugualmente necessaria la restituzione degli atti al giudice rimettente, in forza dello ius superveniens (ord. cost., n. 31 e n. 30 del 2023. V. anche ord. cost., n. 227 del 2022, in tema di “ergastolo ostativo”; in precedenza, sulle stesse questioni esaminate nell’ord. n. 227 del 2022, la Corte aveva disposto due rinvii, al fine di consentire al legislatore di intervenire in modo organico sulla materia: ord. cost., n. 97 del 2021 e n. 122 del 2022).