Con la sentenza n. 205 del 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 32 Cost., dell’art. 2, co. 1, L. 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati), nel testo antecedente alla modifica apportata dall’art. 2, co. 1, lett. a), L. 27 febbraio 2015, n. 18 (Disciplina della responsabilità civile dei magistrati), nella parte in cui non prevede il risarcimento dei danni non patrimoniali da lesione dei diritti inviolabili della persona anche diversi dalla libertà personale.
La Corte ha anche dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, co. 1, lett. a), l. n. 18 del 2015, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 Cost., dalla Corte di cassazione, sezione terza civile, nella parte in cui tale norma non dispone l’applicazione della suddetta modifica, introdotta all’art. 2, co. 1, l. n. 117 del 1988, ai giudizi ancora in corso e per fatti antecedenti alla sua entrata in vigore.
Nel giudizio che ha dato origine alla questione di legittimità costituzionale, la Corte di cassazione si doveva pronunciare sulla richiesta di risarcimento dei danni non patrimoniali patiti da un soggetto, per essere stato erroneamente coinvolto in un procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, nel quale si ipotizzava un suo concorso esterno nel reato di associazione a delinquere di tipo mafioso. Il giudice rimettente ha ritenuto che ai fatti di causa, in quanto verificatisi anteriormente al 2015, dovesse applicarsi ratione temporis il testo originario dell’art. 2, l. n. 117 del 1988, non avendo la legge n. 18 del 2015 previsto una disciplina transitoria, che valesse a derogare alla regola generale prevista dall’art. 11 delle preleggi. In punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo ha ravvisato, sia nell’art. 2, co. 1, l. n. 117 del 1988, nella sua originaria formulazione, sia nell’art. 2, co. 1, lett. a), l. n. 18 del 2015, un vulnus agli artt. 2, 3 e 32 Cost.
La Consulta ha ritenuto fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riguardo all’art. 2, co. 1, l. n. 117 del 1988. Rammentato il carattere di specialità dell’illecito da esercizio della funzione giudiziaria disciplinato dall’art. 2, l. n. 117 del 1988 e richiamata l’evoluzione ermeneutica della regola generale di cui all’art. 2059 c.c., la Corte ha evidenziato il contrasto fra la scelta selettiva operata dall’art. 2, co. 1, l. n. 117 del 1988 e l’esigenza di una piena tutela risarcitoria di tutti i diritti inviolabili della persona. Infatti, nonostante l’art. 2, co. 1, l. n. 117 del 1988 sia stato precursore di una maggiore apertura alla risarcibilità dei danni non patrimoniali, là dove ammetteva piena protezione risarcitoria al diritto inviolabile della libertà personale di cui all’art. 13 Cost., il Giudice delle leggi ha escluso la possibilità di una applicazione sopravvenuta, alla responsabilità civile del magistrato, dell’art. 2059 c.c., raccordato con l’art. 2 Cost., nei termini di una interpretazione costituzionalmente orientata.
La Corte ha dunque rilevato l’irragionevolezza della disposizione censurata, ravvisabile nella scelta del legislatore di negare la piena tutela risarcitoria ai diritti inviolabili della persona diversi dalla libertà personale, che la Costituzione «riconosce e garantisce» all’art. 2 Cost. e ai quali si ascrive anche il diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost.
In primo luogo, la selezione di un solo diritto inviolabile della persona da proteggere con il risarcimento dei danni non patrimoniali, anche fuori dai casi di reato, non è giustificata – ha spiegato la Consulta – dalla esigenza di preservare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, esigenza che, a sua volta, rileva nella definizione del confine fra lecito e illecito e nella dialettica tra azione civile diretta nei confronti dello Stato e azione di rivalsa nei riguardi del magistrato. Una volta rispettate queste condizioni e definito il perimetro di ciò che è illecito, non vi sono ragioni che possano, invece, legittimare una compressione della tutela civile del danneggiato, leso nei suoi diritti inviolabili.
Inoltre, la limitazione prevista dalla norma censurata si traduce, secondo la Corte, in una irragionevole differenziazione nella difesa civile dei diritti inviolabili della persona, «evocatrice, in tale ambito, di una insostenibile gerarchia interna a tale categoria di diritti».
La dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale della disposizione censurata assicura, pertanto, una piena ed effettiva tutela risarcitoria a tutti i diritti inviolabili garantiti dall’art. 2 Cost. – anche diversi dalla libertà personale – offrendo la medesima protezione desumibile dalla riforma del 2015.
Per quanto concerne il secondo gruppo di censure, relative all’art. 2, co. 1, lett. a), l. n. 18 del 2015, la Corte ha avuto buon agio nel rilevare che la norma di cui si lamentava la mancata applicazione retroattiva ha un contenuto che finisce per combaciare con quello della norma che, all’esito di questo giudizio di legittimità costituzionale sull’art. 2, co. 1, l. n. 117 del 1988 nel testo antecedente alla riforma, risulta applicabile proprio ai fatti antecedenti al 2015. Pertanto, la Consulta ha dichiarato la non fondatezza delle questioni poste con riferimento all’art. 2, co. 1, lett. a), l. n. 18 del 2015.