La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 631 c.p.p., sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 27, co. 3, e 111 Cost., dalla Corte d’appello di Catanzaro, nella parte in cui tale disposizione non prevede che gli elementi in base ai quali si chiede la revisione siano tali da dimostrare, se accertati, l’esclusione di una circostanza aggravante che abbia negativamente influito sul trattamento sanzionatorio del condannato.
La Consulta ha rilevato come la richiesta del rimettente presenti una carenza di descrizione dei fatti che si traduce in difetto di motivazione sulla rilevanza delle questioni.
Il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili evocato dall’art. 630, co. 1, lett. a), c.p.p. – ha ricordato la Corte – non può essere inteso in termini di contraddittorietà logica tra le valutazioni effettuate nelle due decisioni, bensì deve essere inteso in termini di oggettiva incompatibilità tra i “fatti” (ineludibilmente apprezzati nella loro dimensione storico-naturalistica) su cui si fondano le diverse sentenze (sent. cost. n. 129 del 2008). Di questi fatti nell’ordinanza di rimessione è mancata qualunque descrizione. Non era sufficiente allegare, da parte della Corte rimettente, il contrasto tra i “dispositivi” delle due diverse decisioni di condanna sulla sussistenza – nel caso di specie – dell’aggravante della disponibilità di armi.
Il Giudice delle leggi ha dunque ritenuto l’ordinanza di rimessione viziata da una carenza di motivazione sulla rilevanza delle questioni, poiché non è la erronea valutazione del giudice a rilevare ai fini della rimozione del giudicato, bensì esclusivamente il “fatto nuovo” (art. 630 c.p.p.), che rende necessario un nuovo scrutinio della base fattuale su cui si è radicata la condanna oggetto di revisione (sent. cost. n. 129 del 2008).
A. Capitta