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La Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, co. 2, c.p.p., in relazione alla l. 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., dal Tribunale ordinario di Firenze, nella parte in cui tale disposizione non prevede l’incompatibilità alla funzione di giudice del dibattimento, o del giudizio abbreviato, del giudice che abbia respinto la richiesta dell’imputato di sospensione del procedimento con messa alla prova sulla base dei parametri di cui all’art. 133 c.p.
Nell’ordinanza qui pubblicata, la Consulta ha rilevato come la richiesta del rimettente si presenti del tutto priva di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza della questione. Il giudice a quo si è limitato, infatti, a richiamare genericamente l’eccezione formulata dal difensore dell’imputato in una memoria (integrata poi in udienza) e ad evocarne i parametri. La Corte – rinviando alla propria costante giurisprudenza costituzionale – ha ricordato come, nei giudizi incidentali di legittimità costituzionale, non sia ammessa la cosiddetta motivazione per relationem: stante il principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione, il giudice a quo deve rendere, infatti, esplicite le ragioni per le quali ritiene la questione non manifestamente infondata (sent. n. 22 del 2015 e n. 7 del 2014; ord. n. 20 del 2014 e n. 175 del 2013). Pertanto, la questione è stata dichiarata manifestamente inammissibile.
A.C.