La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 656, co. 9, lett. a), c.p.p., per violazione dell’art. 31, co. 2, Cost., nel suo collegamento con l’art. 27, co. 3, Cost., nella parte in cui non consente la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva nei confronti dei minorenni condannati per i delitti ivi elencati. I Giudici della Consulta hanno ricordato, innanzitutto, che la sospensione dell’esecuzione costituisce un istituto di favore per i condannati nei cui confronti devono essere eseguite pene detentive brevi, perché ne impedisce l’immediato ingresso in carcere e dà loro modo di richiedere e, se ne sussistono le condizioni, ottenere una misura alternativa alla detenzione. Ai sensi del co. 9, lett. a), dell’art. 656, c.p.p., tuttavia, la sospensione dell’esecuzione non può essere disposta nei confronti dei condannati per i delitti di cui all’art. 4-bis, l. 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonché di cui agli artt. 423-bis, 572, co. 2, 612-bis, co. 3, 624-bis, c.p. Dunque, sulla base della normativa in questione, anche per i minori non può essere disposta la sospensione dell’esecuzione, e quindi non può essere impedito l’ingresso in carcere. Come affermato dalla costante giurisprudenza costituzionale, il sistema di giustizia minorile risulta caratterizzato fra l’altro dalla esigenza di specifica individualizzazione e flessibilità del trattamento che l’evolutività della personalità del minore e la preminenza della funzione rieducativa richiedono (sent. cost. n. 125 del 1992). Pertanto, la Corte, nella sentenza qui pubblicata, ha ritenuto che il divieto generalizzato e automatico di un determinato beneficio contrasti con il criterio, costituzionalmente vincolante, che esclude rigidi automatismi e richiede sia resa possibile invece una valutazione individualizzata e caso per caso, in presenza delle condizioni generali costituenti i presupposti per l’applicazione della misura, della idoneità di questa a conseguire le preminenti finalità di risocializzazione che debbono presiedere all’esecuzione penale minorile (sent. cost. n. 436 del 1999). Alla luce di questi principi, costantemente affermati, il Giudice delle leggi ha stabilito che la rigida preclusione posta dall’art. 656, co. 9, lett. a), c.p.p. – laddove vieta la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva nei confronti dei condannati per i delitti di cui all’art. 4-bis, l. n. 354 del 1975 e per gli altri reati espressamente indicati – se applicata ai minorenni, contrasti con gli artt. 27 e 31 Cost., non potendo ritenersi conforme al principio della protezione della gioventù un regime che collide con la funzione rieducativa della pena irrogata al minore, facendo operare, in sede di esecuzione, il rigido automatismo insito nella previsione della norma denunciata, che preclude ogni valutazione del caso concreto (sent. cost. n. 16 del 1998). A.C.