Con sentenza n. 40 del 23 gennaio 2019, in accoglimento della questione sollevata dalla Corte d’Appello di Trieste per contrasto con gli artt. 3, 25 e 27 Cost., la Corte ha dichiarato illegittimo il minimo edittale (reclusione di otto anni) previsto per il delitto di cui all’art. 73, comma 1, D.P.R. 309/1990che incrimina i fatti di non lieve entità aventi a oggetto le cosiddette droghe pesanti, sostituendolo con quello, più mite, di sei anni.
Preliminarmente, sulla scia di quanto già fatto nelle sentenze 40/2019, 233/2018, 222/2018 e 236/206, la Corte ritiene di poter ridefinire così i limiti minimi edittali pur in assenza di un’opzione costituzionalmente obbligata, dando seguito al monito già lanciato al legislatore con la sentenza 179/2017.
Nel contempo, ritenuta inammissibile la questione prospettata rispetto all’art. 25 cpv. Cost. in quanto porre in discussione oggi la dichiarazione di incostituzionalità già pronunciata con la sentenza 32/2014 - la cui efficacia in malam partem va peraltro ammessa, secondo un indirizzo ormai costante (sent. 394 del 2006, 20 del 2010, 32 e 5 del 2014, 236 e 143 del 2018), in quanto derivante nondall’introduzione di nuove norme o dalla manipolazione di norme esistenti ma solo dalla rimozione di quelle costituzionalmente illegittime - costituirebbe un “improprio tentativo di impugnazione”in violazione dell’art. 137, comma 3, Cost., la Corte, superando precedenti diverse pronunce di inammissibilità (ord. 184/2017 e sent. 179/2017, 148/2016 e 23/2016), ritiene il suo intervento ormai non più procrastinabile a fronte dell’esigenza di assicurare la tutela dei diritti fondamentali nell’inerzia del legislatore.
Nel merito, ritenuto chel’ampiezza del divario sanzionatorio tra il primo e il quinto comma dell’art. 73 D.P.R. 309/1990 condiziona inevitabilmente la valutazione complessiva che il giudice di merito deve compiere al fine di accertare la lieve entità del fatto con violazione degli artt. 3 e 27 Cost., la Corte desume dalle previsioni già rinvenibili nell’ordinamento una conferma dell’adeguatezza rispetto ai fatti di confine della pena minima di anni 6 di reclusione, in quanto pena minima per i fatti non lievi e massima per i fatti di lieve entità concernenti le cd. droghe pesanti già stabilita dalla legge Fini-Giovanardi (norma richiamata a livello sistematico ancorché dichiarata illegittima) e attualmente in vigore, sempre come pena minima, per i fatti di non lieve entità aventi ad oggetto le c.d. droghe leggere e, come pena massima, per i fatti di lieve entità concernenti le c.d. droghe pesanti. Ferma restando la possibilità del legislatore di riconsiderare in futuro i quadri sanzionatori previsti in materia di stupefacenti, purché nel rispetto del principio di proporzionalità (come previsto anche all’art. 49 CDFUE), la Corte interviene pertanto con una pronuncia destinata a produrre effetti anche sul giudicato in corso di esecuzione mediante incidenti appositamente attivati (Daniele Piva).