Appello e rivalutazione delle prove - Corte eur. dir. uomo, Sez. III, 15 settembre 2015, Moinescu c. Romania

Fonte immagine: www.adnkronos.com


La Corte di Strasburgo conferma con questa ulteriore pronuncia il consolidato orientamento che giudica “iniquo” e, dunque, non conforme alle garanzie convenzionali la condanna fondata sulla rivalutazione in appello delle stesse testimonianze che avevano condotto alla assoluzione in primo grado.


I giudici europei ribadiscono che se la giurisdizione di secondo grado “ripete” l’accertamento processuale con gli stessi poteri del giudice di prima istanza (non limitandolo alla analisi di questioni di diritto ma estendendo la valutazione al fatto), allora il compendio probatorio utilizzato non può essere deprivato della dimensione orale della prova dichiarativa. L’orientamento in questione ha (di certo) le caratteristiche della stabilità richieste dalla pronuncia n. 49 del 2014 della Consulta. E, di fatto, ha “interpolato” il nostro codice di procedura che nella lettura conformativa offerta dalla Corte di legittimità prevede ormai l’obbligo di rinnovare l’audizione dei dichiaranti ogni volta che l’accertamento si fondi sui contenuti accusatori derivanti dalla testimonianza resa in contraddittorio.


Resta tuttavia, anche nella giurisprudenza di legittimità, qualche profilo di contrasto. Tra i più rilevanti si segnala quello circa la rilevabilità d’ufficio del vizio. Secondo un primo orientamento in sede di giudizio di legittimità la questione non è rilevabile d' ufficio essendo la stessa riconducibile, con adattamenti, alla nozione di "violazione di legge", di cui all'art. 606, co. 1, lett. c), c.p.p., e, dunque, da farsi valere, ai sensi e nei limiti disposti dall'art. 581 c.p.p., mediante l'illustrazione delle ragioni di fatto e di diritto a suo sostegno (Cass., Sez. I, 9 giugno 2015, Bagarella e altri, in Mass. Uff., n. 263961). Altro indirizzo ritiene invece che è rilevabile d'ufficio anche in sede di giudizio di legittimità la questione relativa alla violazione dell'art. 6 CEDU, così come interpretato dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo del 4 giugno 2013, nel caso Hanu c. Romania, posto che le decisioni della Corte EDU, quando evidenziano una situazione di oggettivo contrasto della normativa interna con la Convenzione europea, assumono rilevanza anche nei processi diversi da quello nell'ambito del quale sono state pronunciate (Cass. Sez. I, 3 marzo 2015, Mandarino, in Mass. Uff., n. 263896; Id., Sez. V, 24 febbraio 2015, Prestanicola e altri, ivi, n. 263902).


S.R.