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L’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza di Udine recepisce l’indirizzo dettato dalla recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo Mursic c./Croazia, che ha affermato il principio per cui non è integrata la violazione dell’art. 3 della Convenzione edu anche se caso il detenuto abbia avuto a disposizione spazi personali inferiori a 3 mq, qualora tale condizione non si sia protratta per un lungo periodo di tempo e il soggetto ristretto abbia comunque potuto beneficiare di adeguate opportunità trattamentali. Nel provvedimento si rileva, inoltre, che il “rimedio” introdotto dall’art. 35-ter ord. penit. in seguito alla sentenza Torreggiani, per le caratteristiche peculiari con le quali il legislatore ha voluto predisporre uno strumento compensativo del pregiudizio subito per violazione dell’art. 3 CEDU (competenza del magistrato di sorveglianza e non del giudice civile; sganciamento da ogni formalismo con riguardo alla domanda introduttiva ed al suo corredo probatorio; assenza di qualsivoglia richiamo alla disciplina civilistica in materia di assunzione e valutazione delle prove; assenza di qualsiasi riferimento alla “condanna” del soccombente; assenza di una disciplina delle spese, e così via) non può ritenersi un istituto di natura civilistica, assimilabile ad un’azione di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2043 c.c., configurandosi piuttosto come un rimedio di natura indennitaria, assimilabile al ristoro che il soggetto può conseguire, per analoghi motivi, di fronte agli organi di giustizia europei. Ne consegue, per tale ragione, che non è applicabile al reclamo di cui all’art. 35-ter ord. penit., il compendio di istituti civilistici quali la prescrizione del diritto o la compensazione dell’indennità eventualmente accordata dal giudice con altri debiti erariali (quali a es. le obbligazioni derivanti dal mantenimento in carcere ovvero dal pagamento delle spese processuali).