Pubblicato in: Giurisprudenza di legittimità

Esercizio abusivo della professione - Cass., Sez. VI, 10 marzo 2014 (ud. 21 ottobre 2013), Tosto, con osservazioni a prima lettura di M. Lombardo

9fc914f0347cfd30c28337500d2ebdac.jpg

Fonte immagine: www.domoforum.it

La Suprema Corte ha deciso che il reato punito dall'art. 348 c.p. non richiede alcuna attività continuativa e/o organizzata della professione esercitata abusivamente dal soggetto agente. Quando l'esercizio della professione vietato all'agente investa atti tipici della professione il reato ha natura istantanea, perfezionandosi anche con il compimento di un solo atto abusivo che realizza definitivamente il verificarsi dell'evento lesivo.


La mancanza delle finalità di lucro nell'azione dell'imputato, ovvero i momenti di natura meramente privata e perfino il previo assenso del destinatario dell'attività professionale al suo illegale svolgimento, non possono produrre alcun effetto esimente sulla inequivoca apprezzabilità della condotta penale.